Una storia nella valle del Reno
Se vi siete dibattuti almeno una volta tra un affetto e il desiderio di affermarvi, tra una vita domestica ritirata e confortante e un'attività intensa, pronta a rischiare per conquistare un'alta idea di sé. Se vi è capitato d'ingarbugliarvi in una catena di piccole menzogne per poi infrangervi improvvisamente di fronte al vero.
Se, in un momento di difficoltà, avete invocato e raccolto un suggerimento proveniente da una voce che corre sopra gli affanni e le lotte contingenti e vede chiaro in lontananza.
Allora ascoltate questa storia.
Le Figlie del Reno giocano tra la nebbia e le onde fluttuanti quando irrompe Alberich il Nibelungo, che le corteggia, ma subisce il loro scherno. La luce dell'oro dormiente si eleva e suscita un gioioso saluto delle fanciulle. Allo stupore di Alberich rispondono le sorelle che spiegano il potere dell'oro: chi riuscirà a ricavarne un anello diventerà il signore del mondo. Ma solo chi abbia rinunciato all'amore potrà piegare in anello l'oro e non c'è da preoccuparsi, tutto ciò che ha vita, ama.
Il nano al contrario crede di poter rinunciare agli affetti per una posta tanto alta, così ruba l'oro facendo precipitare la scena in un'improvvisa, profonda oscurità.
Nella Valle del Reno dormono Wotan e Fricka, confortati da una musica solenne e ineffabile. Wotan contempla il castello che ha appena fatto costruire dai giganti e da cui sogna di regnare incontrastato sul mondo intero. La sposa Fricka, inizialmente d'accordo con il marito, lo allerta ora sul rischio che si tratti di un "seducente inganno" e gli ricorda quale prezzo aveva pattuito coi giganti (incidendo rune solenni sulla sua lancia) in cambio del castello: la sorella Freia, la dea della giovinezza, della bellezza, della salute. Wotan assicura: al momento della riscossione farà intervenire Loge, il dio del fuoco, astuto imbroglione, e Freia non sarà ceduta. Loge arriva e confessa di avere cercato nel mondo intero qualcosa di più prezioso dell'amore per una donna, ma di avere solo trovato Alberich disposto a rinunciarvi per l'oro del Reno e il potere. I giganti accettano di sostituire Freia con quell'oro, ma procedono a un sequestro cautelativo della fanciulla con la quale si allontanano lungo la Valle del Reno.
Sotto una coltre di nebbia livida, gli dèi versano pallidi e invecchiati, Wotan prende Loge con sé e decide di andare alla ricerca dell'oro nelle viscere della terra dove i Nibelunghi sono costretti in schiavitù da Alberich, che, oltre all'anello, si è fatto costruire un elmo magico per assumere qualunque sembianza compresa l'invisibilità, in modo da controllare il lavoro dei subalterni senza essere visto.
I due dèi persuadono il nano a dar loro dimostrazione del potere dell'elmo: prima egli appare come un drago incutendo terrore, ma, appena si riduce in rospo, viene schiacciato e privato del copricapo. In cambio del ritorno alla normalità, Alberich è costretto a cedere tesoro, anello ed elmo, non senza aver scagliato una maledizione di morte contro chi li possederà al suo posto. Infatti un gigante ucciderà il fratello e si trasformerà in drago per custodire gelosamente il tesoro. Le Figlie del Reno piangono il perduto bene, Wotan, Fricka e gli altri dèi salgono lungo l'arcobaleno verso la nuova fortezza: Loge. rimasto solo, con il lume della ragione, lancia un presagio: "Corrono verso la loro fine…".
Prima opera della Tetralogia, è suddivisa in quattro tableaux proposti senza soluzione di continuità. Il prologo, composto per ultimo dopo ventun anni di gestazione, inizia con una raffigurazione musico-fluviale di centotrentacinque battute tinta da un mi bemolle grave e fermo sul quale s'increspa l'acqua sonora, simbolo della nascita, del tempo prima del tempo. La composizione si sviluppa poi attorno a temi-chiave legati ad altrettanti personaggi, eventi o simboli del dramma - il tesoro, la rinuncia all'amore, il patto tra Wotan e i giganti - con profili orchestrali e impasti di colore puntuali come un quadro fiammingo. I paesaggi sonori figurano fitti come la vegetazione della foresta nera, austeri come la gente e le case di una qualunque città tedesca. Su tutto si stende un velo di lontananza, rappresentato dalla dominante chiara e assottigliata di ottoni e legni, e dagli archi, abbarbicati in cima alla tastiera come a ricordare che la storia è disegnata sulla linea dell'orizzonte, che i protagonisti sono forme di nuvolaglia inconsistente. Esse suggeriscono tuttavia, senza dire, universali stati dell'anima.
Per esempio, se ci capita di voltare lo sguardo indietro e di contare quanti eventi possibili della nostra vita non si sono realizzati, e di constatare quanto vano sia stato il nostro affanno attorno alle cose. Allora, questa storia fa per noi.
Gianni Nuti (da www.sistemamusica.it)