Rolling Stones, il rock che non muore
Da molti considerati il massimo complesso di musica rock di tutti i tempi, i Rolling Stones rivoluzionarono ciascuno degli strumenti classici della musica rock: la batteria assimilò il tamtam lascivo del folk tribale, il tamburo marziale delle bande militari e lo swing sofisticato del jazz, la chitarra esasperò lo stile crudo e squillante di Chuck Berry, il basso inventò un suono ruvido e sguaiato, il canto trasformò il crooning sensuale dei cantanti soul in un verso bestiale, metà viscida lussuria e metà richiamo alle armi, e gli arrangiamenti di tastiere, flauti e strumenti esotici travisarono completamente gli intenti delle culture da cui venivano presi in prestito. La rivoluzione apportata dai Rolling Stones fu totale e radicale.
Indirettamente, i Rolling Stones inventarono l'asse fondamentale del rock and roll: il cantante sexy, oggetto sessuale e sciamano, e il chitarrista con il carisma. Per quarant'anni quello sarebbe rimasta la costante della musica rock (e una delle caratteristiche esterne che la distinguono da jazz, folk, classica). In un'era ancora affollata di gruppi vocali di musica leggera (Beach Boys, Beatles) sullo stile di quelli degli anni '40, gli Stones rappresentarono uno shock traumatico.
I Rolling Stones costituiscono un raro miracolo: cinque ragazzi bianchi scapestrati di una capitale europea che riuscirono non solo ad appropriarsi della musica dei neri americani ma addirittura a superare tutti i maestri. Nessuno aveva fatto blues come loro, e forse nessuno lo farà mai più. Con loro il blues divenne un suono metafisico, politico e mistico.
Nel 1962, quando apparvero, rappresentavano soprattutto un epico grido di vendetta. I rocker degli anni '50, a partire da Chuck Berry, erano stati sistematicamente perseguitati e al loro posto l'industria discografica bianca aveva proposto i "teen idol". I Rolling Stones erano i legittimi discendenti di quei rocker depravati. Anzi, sposavano l'ethos debosciato di Chuck Berry alle istanze violente dei teppisti urbani. Il risultato era una miscela esplosiva come la musica (popolare o classica, bianca o nera) non aveva mai udito.
I Rolling Stones facevano blues-rock. Era una banalità, un genere dentro il genere, ma quella fu la chiave di volta per lo sviluppo della musica rock. Il mondo prima e dopo i Rolling Stones sono due mondi completamente diversi. Prima c'erano soltanto canzonette. Dopo c'è la musica rock come la conosciamo oggi. In un certo senso, i Rolling Stones inventarono l'esatto opposto della canzonetta che aveva dominato nei decenni precedenti (e che continuò a dominare per un po' grazie ai Beatles). E il binomio "blues+rock" è rimasto fino ai giorni nostri lo stile dominante della musica rock. Dai Led Zeppelin ai Nirvana sono tutti, direttamente o indirettamente, figli loro. Senza gli Stones la storia del rock sarebbe stata completamente diversa. (Senza i tanti complessi melodici dell'epoca la storia del rock sarebbe stata esattamente la stessa: sarebbero cambiati soltanto i nomi nelle classifiche di vendita). La canzonetta c'era prima, c'era dopo e c'è ancora. Il blues-rock non c'era prima. Il blues-rock è diventata la struttura portante di gran parte dei generi moderni, dall'hard-rock (che gli Stones inventarono nel 1963) al grunge (che gli Stones inventarono nel 1967).
I leader, Mick Jagger e Keith Richards, provenivano dal Kent. Jagger era uno studente di Economia, aspirante cantante di rhythm and blues presso il bluesman bianco Alexis Korner, mentre Richards, grafico disegnatore, era un chitarrista affascinato dai riff ipnotici di John Lee Hooker. Si imbatterono in un poli- strumentista di ispirazione jazz che a sedici anni era già padre di due figli: Brian Jones.
Fu lui fin dal principio l'anima del gruppo, enfant prodige tanto della musica (giovanissimo sapeva già suonare di tutto, dall'organo al sassofono), quanto del sesso (ebbe sei figli da altrettante ragazze nell'arco di un decennio, il primo a quindici anni); fu lui il primo provocatore del rock: capelli lunghi, trucco androgino, portamento da guerrigliero, spinelli a più non posso; poi imitato dal socio Jagger per primo, il quale ebbe certamente qualche parte nella sua distruzione morale, secondo un canovaccio dostoevskyano che si tinse alla fine di thriller hitchcockiano.
Cresciuto in una cittadina di provincia, Brian Jones si era innamorato precocemente di Charlie Parker ed aveva fatto parte di un complesso jazz. Suonò sax e clarinetto da Londra a Stoccolma, dai club metropolitani agli angoli delle strade, prima di essere introdotto dalla coppia Jagger/ Richards all'"Ealing blues Club". Nello stesso ambiente i tre reclutarono il pianista Ian Stewart, il bassista Bill Wyman e il batterista Charlie Watts, tre jazzisti dilettanti disoccupati, e cominciarono ad esibirsi, guadagnandosi in breve una reputazione come banda di rhythm and blues bianco.
I loro spettacoli continuarono per quasi un anno, divenendo una delle più leggendarie attrazioni della Londra selvaggia e sotterranea dei club. Eccitava il loro stile sanguinario, frenetico e fragoroso, e il gran movimento sulla scena. Si perdeva il concetto stesso di canzone in queste sarabande notturne, durante le quali il brano veniva stravolto dalle improvvisazioni e terminava quasi sempre con una coda che ripeteva all'infinito il tema, come nella miglior tradizione nera. Paragonati ai primi complessini del Mersey beat, i Rolling Stones costituivano una novità ben più sconvolgente. A Richmond, dove cominciarono ad esibirsi per quattro dollari a testa, convennero tutti i VIP della "swinging London", compresa Mary Quant, per ascoltarli. E a forza di risalire alle radici della musica brutta sporca e cattiva gli Stones si conquistarono la palma di miglior complesso del giro.
Quando, perso per strada Stewart (1963), entrarono per la prima volta in una sala di incisione, il loro repertorio si era stabilizzato sui classici del rock and roll. Con i primi tre 45 giri, Come On (di Chuck Berry) in Giugno, I Wanna Be Your Man (Lennon) in Novembre, Not Fade Away (Holly) nel Marzo 1964, attirarono l'attenzione dei giovani e l'astio dei mass-media. I giovani vedevano in loro dei portavoce reali e spontanei, i mass-media vedevano in loro dei pericolosi pervertiti e sovversivi; la grinta conquistò i giovani, la rabbia spaventò gli adulti.
I Rolling Stones, a differenza dei complessi del Merseybeat, erano anche dei buoni musicisti: un vocalist espressivo e versatile, una chitarra ritmica tagliente, e un talento naturale come Jones nei panni dell'ispiratore, coordinatore, arrangiatore e sabotatore. Richards in particolare, il cui stile era la prima imitazione cosciente di Chuck Berry, si impose subito come il più grande chitarrista del beat. I suoi fuzz avevano la funzione di compensare la mancanza di una sezione di fiati. Watts e Wyman formavano la sezione ritmica funky più essenziale della storia del rock. Jagger era l'attrazione principale: modellava il suo vocalismo sul canto agonizzante di Otis Redding e di Solomon Burke e si agitava molto sul palco, al punto da essere paragonato ai performer neri più scatenati di dieci anni prima.
I Rolling Stones non appartenevano alla "swinging London", alla Londra superba e sgargiante, ma piuttosto ai aobborghi squallidi e fumosi. Ciò nonostante dalle loro canzoni emanava un fascino che stordì anche i giovani che non erano aspiranti teppisti.
Il gruppo era poi tanto inquieto in pubblico quanto in privato. Jagger e Richards erano a quel tempo due adepti del trittico violenza/sesso/droga traviati dalla deragliante personalità di Jones. La storia interna del gruppo era una storia di donne contese fra i tre leader (le tante affascinanti e fatali Faithful che si distrussero inseguendo il sesso dei loro idoli). Era una storia di assuefazione a droghe sempre più pesanti; una storia di amicizie sempre più corrotte e ambigue, una storia di degradazione senza freni: e tutto sotto l'egida di Jones.
Nell'Aprile del 1964 uscì il loro primo album, Rolling Stones (Decca, 1964), il migliore pubblicato in Inghilterra fino ad allora. Contiene alcuni classici del rhythm and blues eseguiti con il piglio ribelle dei giovani dei bassofondi, nonche' la prima composizione di Jagger e Richards: Tell Me. I'm A King Bee (Slim Harpo), Carol (Berry), Route 66, I Just Want To Make Love To You (Dixon) eruttano letteralmente dai solchi, crepitanti, scalmanate, dirompenti. Gli Stones avevano avuto l'illuminazione storica: nessuno prima di loro aveva interpretato correttamente il blues e il rock and roll come musiche del corpo. Erano loro i primi a farlo, a riconoscere senza reticenze quelli che erano stati i reali intenti dei musicisti neri, mentre per anni tutto il rock bianco non aveva fatto altro che "giustificare" paternalisticamente quel suono, contrabbandandolo per semplice "musica razziale". Con gli Stones la verità veniva a galla: disperata, lasciva, violenta, sacrilega, anarchica.
La discografia dell'epoca, monumentale, confusa e frammentata, non annovera un altro album di quella fatta. I Rolling Stones vivevano ormai sui 45 giri, e gli LP stipavano semplicemente cover di rhythm & blues e di rock & roll come riempitivo. Il clima da orgia si andava comunque stemperando progressivamente in performance più mature, che conservavano gli ingredienti stilistici del primo album (chitarre graffianti, cori sfrontati, ritmi tribali, armoniche sguaiate), ma li miscelavano con maggior oculatezza.
Il chitarrismo incalzante di Richards trascina le ultime scorribande epidermiche (tutte cover): Around And Around (di Chuck Berry), Empty Heart, She Said Yeah, e soprattutto It's All Over Now (di Bobby Womack), il 45 giri di Luglio, che introduce una volta per tutte il caratteristico piglio apocalittico e scanzonato. Dilagano però i lenti, dove le qualità vocali di Jagger hanno modo di emergere in tutta la loro teatralità: le cover Time Is On My Side, Confessin The Blues e Little Red Rooster (Dixon), e i brani originali, ancor più melodrammatici: Heart Of Stone, I'm Free, e Good Times Bad Times.
Heart Of Stone e Little Red Rooster entrarono nelle classifiche inglesi e resero popolare il complesso anche negli States. In Ottobre uscì il loro secondo LP americano (12x5), mentre il Rolling Stones n. 2 uscirà soltanto nel Febbraio dell'anno dopo (e si chiamerà Now negli USA).
Nel 1965 comincia la serie dei capolavori di Jagger e Richards: The Last Time (febbraio, copiata da This May Be The Last Time degli Staple Singers), Satisfaction (maggio), Get Off Of My Cloud (settembre), tutti originati da corrosive e incalzanti miscele blues di riff chitarristici distorti, di vocalizzi sensuali e demoniaci, di ritmiche demoniache, tutti catapultati ai primi posti delle classifiche sui due lati dell'Atlantico, ai quali va aggiunta Fortune Teller, che infiamma dal vivo con una cadenza forsennata. La sintesi minacciosa e fremente di rhythm and blues e di rock and roll è giunta al punto di ebollizione. Il riff stentoreo di Last Time incalza senza tregua, ipnotico ed ossessivo, come un richiamo di battaglia, mentre Jagger deforma orrendamente un fervente ritornello gospel. L'impeto sgolato di Get Off scardina il gospel con rovesci di ritmo martellante e di slogan corali. In Satisfaction, sotto l'influsso del soul da party della Tamla, il tono perverso di Jagger e la distorsione maniacale di Richards (wa-wa wa-wa-wa ...) mettono in musica una sceneggiata sessuale con risvolto sociologico (indirettamente, è anche un inno alla frustrazione giovanile). L'anthem rimase per quattro settimane in testa alla classifica di "Billboard", consacrando definitivamente il gruppo e trascinando al n. 1 anche l'album Out Of Our Heads (1965, soprattutto l'edizione americana). Non era mai successo che gente tanto meschina scavalcasse nelle classifiche di vendita i musicisti di regime. Un esercito di giovani frustrati si riconobbe in quei cinque loschi figuri e nella loro musica sguaiata.
In quegli anni quello che gli Stones suonavano non erano canzoni, erano urla nelle tempie. Mentre i Beatles venivano ricevuti dalla regina, i Rolling Stones urinavano in pubblico.
In parallelo il complesso ricama due ballate acustiche, delicate e melodiche, con arrangiamenti più curati: Play With Fire, un "lento" marziale per clavicembalo e sonagli, e As Tears Go By (Settembre), una tenera serenata con sezione d'archi sentimentale. Sono le prime avvisaglie di una nuova sensibilità.
December's Children (1965), che in gran parte raccoglie materiale già edito, mette in luce soprattutto la sezione ritmica di Watts e Wyman, forse la più grande di tutti i tempi.
Nel 1965 ha inizio anche la persecuzione da parte della stampa, dei moralisti e delle autorità: i riferimenti al sesso sono troppo espliciti, sia nei testi sia nella mimica di Jagger, il loro comportamento durante gli spettacoli incita alla violenza, e fra le quinte si parla insistentemente di droga. Tutti e tre provenienti dalle classi inferiori, i leader sapevano esaltare la folla con una gestualità dirompente e facendo leva sulle frustrazioni dei ragazzi (il saccheggio di Berlino nel 1966 dopo un provocante passo dell'oca nazista di Jagger, i disordini causati da Parigi a Vienna e persino oltre Cortina a Varsavia, con la polizia sistematicamente in allarme e le compagnie di assicurazione che rifiutano di garantire i loro spettacoli). I ripetuti processi per uso di stupefacenti concorrono a farli eleggere fuorilegge o martiri dalle opposte fazioni dei media detrattori e dei fan invasati (i tre passarono una notte insieme in carcere, furono condannati a diversi mesi di detenzione e per poco non li dovettero scontare per davvero).
In realtà alla fine del 1965 i Rolling Stones avevano già compiuto la loro missione. Messo a soqquadro l'ambiente con il loro suono, le loro parole e i loro gesti, ed affidato il loro nome ad almeno due brani immortali (The Last Time, il capolavoro del rhythm and blues bianco, e Satisfaction, vero inno alla frustrazione della loro generazione), i cinque si trovavano a dover da un lato tener fede all'immagine di fuorilegge e dall'altro adeguarsi ai tempi che stavano cambiando.
Aftermath (Decca, 1966) è il primo album che non fosse soltanto una vetrina di hit ed è il primo ad essere interamente composto da Jagger e Richards. Con esso gli Stones si allinearono al vento di novità che spirava sul rock e dimostrarono di poter affrontare la dimensione dell LP. Un'altra preziosa e vellutata ballata acustica, Lady Jane (con il dulcimer), e una lunga jam pulsante e ossessiva, Going Home, sono il contributo più sostanzioso al nascente sound progressivo. Under My Thumb, a ritmo di marimba, tiene alta invece la bandiera del sound sporco e trascinante (e l'immagine del macho che schiavizza la ragazza). Su un ritmo caraibico si distende il blues più melodico e graffiante, Out Of Time.
Gli Stones hanno ormai il loro sound, seppur solidamente radicato nella musica nera (come dimostrano le fedeli imitazioni di High And Dry, Stupid Girl e Doncha Bother Me) e Brian Jones sa arrangiare i brani facendo uso di strumenti come il dulcimer, le marimbas, il sitar, il flauto e ogni sorta di tastiere.
La serie dei capolavori a 45 giri prosegue intanto con l'epilessi sgangherata e sgolata di 19th Nervous Breakdown (febbraio) e soprattutto con l'epica mistica di Paint It Black (maggio), che, sulle note dolenti di un sitar e su un vibrante baritono di Jagger, accende una storica ode all'inquietudine giovanile, completando la grande trilogia della frustrazione (con Last Time e Satisfaction).
La blasfema litania indiana di Mother's Little Helper (giugno), con il corale "what a drag it is getting old" e riferimenti alla droga, e il cinico sarcasmo di Have You Seen Your Mother Baby (settembre), con trombe psichedeliche e un baccanale percussivo, completano (con 19th Nervous Breakdown) la trilogia del rock psicotico.
Quell'annata memorabile si conclude con Let's Spend The Night Together (dicembre), un boogie incalzante dal testo osceno (molte stazioni radio cancelleranno la parola "night").
Gli Stones sono ormai lanciati sulla strada del bozzettismo irriverente, come una sorta di Kinks dei bassifondi. Nelle loro canzoni scorre una conturbante galleria di personaggi turpi e depravati: nevrotici, psicopatici, prostitute, teppisti, drogati ...
I dischi del 1967, Between The Buttons (Decca, 1967) e Their Satanic Majesties Request (Decca, 1967), sono opere esoteriche e surreali che cercano di cavalcare la tigre della psichedelia, ma sono forse anche gli album capolavoro del complesso.
Buttons mette a frutto il cromatismo strumentale di Aftermath con brani come Yesterday's Paper (xilofono e clavicembalo), Complicated (la più tribale del lotto), Miss Amanda Jones (la più rockeggiante), e vaudeville-rag sguaiati e fantasiosi come Cool Calm & Collected e ancor più Something's Happening To Me, suonata da una banda degna del Salvation Army degli anni '20. Nel più fiero stile lisergico si sviluppa All Sold Out: a ritmo di trombone, infiammata da distorsioni di chitarra, da dissonanze pianistiche e da improvvisazioni di flauto, incalza con un blues stentoreo e si libra marziale sul ritornello. Ruby Tuesday, con un flauto che accompagna il canto, contrabbasso e piano a far da contrappunto, è una forma di psichedelia da camera; e il ritornello, forse il più facile della loro carriera, è degno dei Beatles.
Con questo album giunge a maturazione la parte "album-oriented" della loro produzione. Se Aftermath aveva provato la loro autonomia artistica, con Buttons i Rolling Stones si emancipano del tutto dagli stili del passato e ottengono un sound vario ed originale.
Quanto fossero progrediti artisticamente lo dimostra Majesties (copertina olografica, testi fantasiosi, arrangiamenti d'effetto), pietra miliare della psichedelia inglese e del rock magico, anche se musicalmente scade talvolta nel manierismo e nel sensazionalismo più deleteri. Maestoso, caotico, poetico, squilibrato, questo album (il meno "Rolling Stones" di tutti i loro album) è un'accozzaglia pretenziosa di riff incalzanti (Citadel), di melodie orecchiabili (Sing This All Together/I, 2000 Man) e di arrangiamenti eccentrici. Lo spiegamento di mezzi è imponente: clavicembali, flauti, organi, effetti elettronici, etc. Determinante risulta l'apporto di Nicky Hopkins alle tastiere, mentre John Paul Jones cura gli arrangiamenti di archi.
Il fascino del disco (che è poi il fascino di Brian Jones) sta in bizzarri brani modernisti come l'orgia tribale di Sing This All Together/II, la fantasia orientale di Gomper, l'elettronica futurista di 2000 Light Years From Home. Il capolavoro è She's A Rainbow, che unisce l'attacco sonico del loro primo rhythm & blues a trombe psichedeliche, sezione d'archi e un piano da carillon (sempre il geniale Hopkings).
In linea con quella tendenza acido-barocca che, intestardendosi nel curare gli arrangiamenti, sembra voler rifare il verso ai Beatles (che infatti sono ospiti d'onore nei cori), We Love You (il 45 giri di agosto) completa la trilogia delle grandi canzoni psichedeliche (Jones al mellotron), con Ruby e Rainbow. Martellante, cacofonic ed eterea, continua il crescendo di raffinatezze melodiche e armoniche.
La grande stagione creativa degli Stones psichedelici si avviava però a una precoce e tragicissima fine. Il vero protagonista di quella svolta, Jones, era ormai inebetito dagli stupefacenti, e veniva progressivamente emarginato. Al tempo stesso Jagger faceva parlare i giornali del suo flirt con Marianne Faithful e si susseguivano arresti e processi per droga. Di questi primi sintomi di disgregazione approfittò Jagger per mettere definitivamente le mani sul complesso.
Il pretesto per il cambiamento di rotta furono i disordini studenteschi. Quando le frustrazioni generazionali esplosero fragorosamente nel Maggio del 1968, Jagger non esitò a lanciarsi nella mischia, facendo valere il suo passato di mestatore pubblico e aggiornando il linguaggio alla lotta di classe. Fu l'anno di Jumping Jack Flash (maggio), prima prova nel campo dell'anthem bellicoso, e di Beggar's Banquet (Decca, 1968), l'album forse più blues della loro carriera e con i testi sociali più espliciti.
Banquet è tutto l'opposto dei due precedenti, e ritocca in modo significativo l'immagine del complesso. Se Jones aveva tentato di trasformarli in cherubini, Jagger li riporta al carisma del Male, fedele ad un dettato di blues moderno maschio, duro, vibrante, sincopato, sostenuto da riff affilati di chitarra elettrica e da possenti maratone della batteria: il possente Stray Cat Blues, il country-gospel corale di Salt Of The Earth, e i blues più lenti e involuti del Dopoguerra (Parachute Woman, Prodigal Son). I testi parlano di sesso, droga, politica. Gli Stones sono i moderni outlaw della musica, che, come i loro leggendari antenati di colore, corteggiano il demonio e suonano da lui ispirati.
Aveva aperto la strada l'inno rivoluzionario di Street Fighting Man (ritirato per due anni dalla casa discografica), che irrompe con il riff più marziale della carriera di Richards e prosegue cadenzato dai tamburi di guerra di Watts. La superò in perfidia il tribalismo demoniaco di Sympathy For The Devil, confessione e testamento di Jagger, con un epico fraseggio pianistico di Hopkins.
Da questo momento, però, la storia dei Rolling Stones divenne una cronaca monotona di fattacci mondani e un elenco sterminato di album, sempre dignitosi ma tenuti in piedi più dall'innegabile classe che dalle idee. Una lenta parabola discendente di edonismo, feticismo, narcisismo, bohemienismo, aura, erotomania, e schizofrenia.
Nel luglio del 1969 Jones venne trovato morto di overdose nella sua piscina. Jones (il sitar di Paint It Black, il dulcimer di Lady Jane, il flauto di Ruby Tuesday) era ridotto a un rottame, nevrotico e allucinato, sfasciato dalla solitudine e dall'impotenza. Da un mese era stato sostituito con Mick Taylor.
Nel dicembre dello stesso anno durante un concerto ad Altamont (California) Jagger incita gli Hell's Angels a provocare disordini, che si concludono con l'uccisione di alcuni spettatori. Infine Jagger lascia la Faithfull piena di droga, che in seguito tenterà anche il suicidio, e sposa una fotomodella.
I Rolling Stones sono ormai dei ricconi eccentrici, attorniati da uno stuolo di manager (per gestire i miliardi guadagnati), di avvocati (per sfuggire alla legge che violano in continuazione), di tecnici (per allestire i loro concerti), e di medici (perche' ogni tanto qualcuno rischia di finire come Jones).
In quegli stessi mesi l'affronto osceno di Honky Tonk Women (luglio), non a caso uno dei rhythm and blues più sincopati di sempre, capolavoro della sezione ritmica degli Stones, chiude la trilogia del rock depravato e blasfemo, dopo Let's Spend e Sympathy.
Fra i blues più creativi dell'epoca va messo anche You Can't Always Get What You Want, introdotto da un coro a cappella di voci bianche, e poi sottolineato da percussioni latine, da un piano jazz, da chitarre acustiche, organo di chiesa e coro gospel.
Alla fine dell'anno esce Let It Bleed (1969), un altro album fremente e roccioso (con Gimme Shelter, che inizia con quello che è forse il loro jamming più quintessenziale).
Dopo la morte di Jones il loro sound si chiude in una specie di puritanesimo rhythm and blues, restio ad accettare qualsiasi bizzarria strumentale.
In quegli anni i Rolling Stones diventano comunque uno dei grandi complessi di rock and roll e i loro continui concerti stabiliscono uno standard di riferimento anche per i complessi più giovani. Fatto non da poco, se si pensa che in generale le nuove generazioni erano più dotate (tecnicamente) della vecchia. Ma non nel caso dei Rolling Stones, che continueranno a dominare anche quando i loro dischi deluderanno. I Beatles (e tanti altri della loro generazione) avevano già smesso da tempo di suonare dal vivo, ammettendo di fatto la loro mediocrità di musicisti e l'imbarazzo di doversi confrontare con una generazione ben più preparata, ma i Rolling Stones divennero invece proprio in quegli anni di fuoco il più grande spettacolo del mondo.
Sticky Fingers (RollingStones, 1971) abbandonò le velleità psichedeliche e avanguardistiche e segnò l'inizio di un singolare ritorno alle loro radici blues. Con questo disco gli Stones trovarono un formato post-blues (intellettuale ma spartano, sguaiato ma elegante, rumoroso ma impeccabile, austero ma lascivo) che sarebbe diventato un classico dei classici. L'album fece epoca anche per la copertina provocante (cerniera dei pantaloni disegnata da Andy Warhol), che fungeva da metafora per i contenuti del disco: è uno degli album più espliciti e provocanti di tutti i tempi, un'apologia continuata dell'assuefazione, della lascivia, dell'auto-distruzione; una raccolta di sfrenati canti di libidine sessuale e di cupi sabbah degli stupefacenti. Fra le seconde spicca subito l'assalto animalesco di Brown Sugar, uno dei loro massimi capolavori e uno dei massici capolavori della musica rock, la quintessenza dello stile selvaggio degli Stones. A seguire c'è l'ode appassionata di Wild Horses e la languida e rarefatta Sister Morphine. È blues, e blues roccioso, cadaverico, romantico, ma non è blues delle piantagioni, è blues delle luci psichedeliche. Musicalmente il gruppo fa anche meglio con i brani grintosi e spavaldi: Bitch, la mini-jam di sette minuti, con conga e sax, di Can't You Hear Me Knocking.
Il doppio Exile On Main Street (RollingStones, 1972) completa la maturazione. Abbandonate tutte le pose e concentratisi soltanto sulla loro infernale natura, gli Stones scodellano un concept sull'ossessione sessuale. I brani sono baccanali lussuriosi, sincopati e strascicati, ma l'album è anche auto-referenziale, una sorta di museo degli stili assorbiti dal sound degli Stones, dal gospel singhiozzante di Tumbling Dice al funk viscerale, percussivo, stentoreo di Rock's Off. È uno stile tutto urlato e a molte voci, derivato soprattutto dal gospel, con un fragoroso contrappunto ritmico da Jump-blues fatto di fiondate fiatistiche e da rulli pesanti di batteria. La percussività lo domina, sia pur in forme diverse di brano in brano, con combinazioni strumentali anche suggestive e figure ritmice che vanno oltre le loro leggendarie sincopi. Sono esemplari di questa maniera la sarabanda assordante di Happy e il marasma corale di All Down The Line.
Gli episodi meno chiassosi hanno in compenso un aspetto sinistro: il blues solenne e marziale di Torn And Frayed, il frenetico e spiritato boogie di Turd On The Run, la serenata tribale e demoniaca di Black Angel. Chiude l'opera l'inno corale autobiografico di Soul Survivor. Non a caso, però, il brano migliore è una cover, la trascinante danza Hip Shake di Slim Harpo.
Rimpiazzato (1974) Taylor, altra vittima degli eccessi del gruppo, con Ron Wood, gli Stones si lasciano impressionare dal reggae e dalla disco, ma sostanzialmente la loro musica non cambia più, solida e arcigna come ai bei tempi, ma senza la grinta e la fantasia delle origini. Durante il resto del decennio i loro album sfilano con cadenza annuale, mentre i 45 giri non riescono mai a ripetere le gesta dei loro capolavori: la struggente Angie (1973), dal mediocre Goat Head's Soup, l'anthem It's Only Rock And Roll (1974), dall'album omonimo, i crossover disco Miss You (1978), da Some Girls, e Emotional Rescue (1980), dall'album omonimo. Quasi nulla da Black And Blue (1976), album minato dalla passione di Jagger per il reggae.
Schizofrenicamente contesi fra una normalità borghese (casa, matrimonio, hobby) e l'immagine di eroinomani cronici affetti da solitudine da milionari (permanentemente ingolfati da un capo all'altro del mondo in una specie di caricatura consumistica delle road-adventures di Henry Miller e Jack Kerouac: alberghi interi riservati per loro, milioni a sera in birre e succhi di frutta, cene pantagrueliche), ma ancora capaci di risucchiare nel loro tragico vortice groupies e amici di strada (a bizzeffe morti o rimbecilliti per overdose, suicidi e rovinati), gli Stones sono assurti a leggende viventi, osannati dai media e da folle inestinguibili di tutti i paesi e di tutte le età, abilissimi come sempre nell'alimentare il proprio culto.
Nel 1984 diventano il primo complesso ad entrare nella Hall of Fame, il santuario delle personalità che hanno ottenuto successi record al Madison Square Garden. Alla fine del 1985 muore anche l'organista Ian Stewart, che era diventato il sesto membro di fatto del gruppo. Wood, ormai tossico-dipendente, viene progressivamente emarginato. I bisticci e i litigi fra Richards e Jagger riempiono le pagine dei rotocalchi.
Gli ultimi classici spingono agli estremi la loro ideologia di musica per il corpo, distillando soltanto le qualità ritmiche del loro forte rhythm and blues. La composizione si è prosciugata fino all'osso, liberandosi degli orpelli melodici ed effettistici, immergendosi completamente nel sudore e nel respiro del movimento: l'iper-sincopata e voluttuosa She's So Cold (1980), la travolgente Start Me Up (1980), nobilitata dai singhiozzi della sezione ritmica più epidermca della storia della musica, Undercover Of The Night (1983), dall'album omonimo, Had It With You (1984), un saggio quintessenziale di ritualismo Stones, e One Hit To The Body (1986), un altro iper-cadenzato classico chitarristico di Richards, tratto da Dirty Work (1986). Tattoo You (1981) è l'ultimo album che "suona" Rolling Stones. Poi una vernice modernista sembra annullare la potenza del gruppo. C'è veramente poco da salvare su Steel Wheels (1989).
In 1992 Wyman left the band and was replaced by fantastic bass player Darryl Jones, who played with Miles Davis in person. But the albums don't get any better. The best song on Voodoo Lounge (Virgin, 1994) is New Faces, a failed imitation of Lady Jane, and Don Was' eccentric production attempts in vain at recreating the magic of mid-period Rolling Stones.
Bridges To Babylon (Virgin, 1997) is even less interesting. Its single is Anybody Seen My Baby, which is copied from K.D. Lang's Constant Craving.
Forty Licks (Virgin, 2002) è un doppio album.
Nonostante i cambiamenti di stile, nell'arco della loro carriera si possono facilmente riconoscere alcune costanti, che (non a caso) rimandano a elementi canonici della tradizione nera: il canto di Jagger ha ereditato il fervore dei grandi cantanti di gospel profano; i riff di Richards sono una variazione di quelli di Chuck Berry; la sezione ritmica impiega le forti cadenze sincopate di New Orleans, oppure il tribalismo dei rituali magici africani; la goliardia sarcastica dei loro sabbah è una esasperazione di quella delle metafore oscene del blues.
Gli Stones aggiunsero a questi elementi lo spirito dei loro tempi, e una messianica vocazione al male. Dalla sintesi ebbero origine le grandi trilogie: quella della frustrazione (Satisfaction, Last Time, Paint It Black), quella psicotica (Mother's Little Helper, Have You Seen Your Mother, 19th Nervous Breakdown), quella della depravazione (Let's Spend The Night, Hony Tonk Women, Sympathy), quella psichedelica (Rainbow, Tuesday, We Love You). Alle quali, per comprendere tutti i capolavori, si possono aggiungere una trilogia del blues esistenziale (All Sold Out, Out Of Time, You Can't Always Get What You Want), una trilogia degli anthem (Street Fighting Men, Jumping Jack Flash, Brown Sugar), e una trilogia corporale (Shès So Cold, Start Me Up, One Hit).
In 1992 Bill Wyman left the band, mainly because he didn't want to tour anymore. Wyman founded a chain of restaurants in London, wrote his autobiography and launched a new career as a professional photographer. Struttin' Our Stuff (Velvel, 1998) and Anyway The Wind Blows (Velvel, 1999) are albums of old-style jazz and blues, almost a nostalgic tribute to the music he came from.
Keith Richards ha esordito da solo con Talk Is Cheap (1988), un disco impeccabile in cui sfoga la sua passione per le radici del rock (I Could Have Stood You Up), ma anche per il dub (Make No Mistake). Main Offender (Virgin, 1992) contiene perlomeno le graffianti 999, Wicked As It Seems e Body Talk e il lungo raga-reggae Words Of Wonder. Per essere l'uomo che la sociologa Camille Paglia ha definito "l'icona degli eccessi dionisiaci degli anni '60", i suoi dischi solisti sono umili, modesti, discreti.
Fra tutti i Rolling Stones, Charlie Watts è quello che ha registrato i dischi solisti più avventurosi. Watts, uno dei grandi poeti del ritmo, ha formato un suo quintetto jazz, ispirato da Charlie Parker e Duke Ellington, Long Ago & Far Away (Pointblack), una raccolta di raffinate ballad d'autore, si avvale anche di un'orchestra classica. Live At Fulham Town Hall (Columbia, 1986) e Warm And Tender (Continuum, 1993) offrono jazz di gran classe. L'album in collaborazione con il percussionista Jim Keltner, Jim Keltner Project (Higher Octave, 2000), è un piccolo capolavoro new age di campionamento e world-music (ma ogni brano è intitolato a un grande della batteria jazz). Per A Tribute To Charlie Parker With Strings (Continuum, 2002) e Watts at Scott's (Sanctuary, 2004) Watts mise insieme ensembles di improvvisatori jazz.
Fra tutti i Rolling Stones, Mick Jagger è quello che ha registrato i peggiori dischi solisti: She's The Boss (Atlantic, 1985), Primitive Cool (Atlantic, 1987), Wandering Spirit (Atlantic, 1993). Il terzo è il meno peggio, grazie alla produzione di Rick Rubin e alla collaborazione di Flea e Doug Wimbish, e grazie a una ballad come Angel In My Heart che riecheggia Lady Jane, e a canzoni grintose come Out Of Focus, Put Me In The Trash, Wandering Spirit. Goddess In The Driveway (2001) parades the aging rocker with a cast of stars (notable Bono in Joy, Wyclef Jeab in Hideaway and Lenny Kravitz in God save Me Everything).
Nel corso di vent'anni di carriera i Rolling Stones hanno imposto uno stile di comporre e di eseguire con cui tutte le generazioni successive si sono dovute confrontare. I Rolling Stones sono il germe di tutto ciò che sarà la musica rock: la protesta politica, l'inno alla droga, la liberalizzazione del sesso, lo spettro della morte. Sulle urla sensuali e sui viscidi lamenti di Jagger, sulla ruvida ebbrezza di Jones, sulle taglienti corde di Richards si sono misurati un po' tutti.
La loro presunta rivalità con i Beatles è stata in realtà la rivalità fra due modi di intendere la vita, ed è stata perciò una rivalità fra due frange del pubblico. I Beatles erano i moderati, gli Stones i radicali; i Beatles erano la luce, gli Stones l'oscurità; i Beatles erano la marijuana, gli Stone l'eroina.
La loro tormentata saga è stata duplice, prima musicale e poi mondana, ma sempre coerente con un'intima "simpatia per il diavolo". I Rolling Stones furono i primi a trarre profitto dalla visione di William Blake del demonio come ego.
All'interno del complesso Jagger fu sempre il più affarista dei cinque, il cinico che sacrificò volentieri Jones e rovinò Marianne Faithfull, e contemporaneamente l'astuto che passando indenne attraverso tragedie e processi seppe trasformare tutto in milioni di dischi venduti. Richards, co-autore di tutti i capolavori, fu il vero leader musicale, anche se sovente è sembrato quasi estraneo agli avvenimenti del complesso, forse completamente rimbambito dalla droga. La sua chitarra è la seconda voce del complesso, e talvolta la prima.
Jones domina dall'alto questo dramma di gelosie e di misteri, questo misto di tragedia classica e di romanzo dostoevskyano. Jones fu forse il catalizzatore del primo momento e anche, in un certo senso, la guida verso il male. Jagger lo emarginò sistematicamente, rosicchiandogli poco alla volta tutto il potere, alienandogli le simpatie degli altri; invano John Lennon cercò di dargli una mano: Jones non aveva più alcuna forza di reazione; e Jagger lo finì spietatamente estromettendolo dal complesso. Jones misteriosamente morto, imbottito di barbiturici in una piscina, sollevò una ridda di ipotesi e di sospetti.
Un aspetto inquietante della storia dei Rolling Stones è proprio la sequenza di morti che ha costellato il loro cammino, come il loro mito immortale avesse bisogno di continui sacrifici umani.
Se tanta della loro storia è quantomeno amorale, gli Stones ebbero anche una chiara funzione moralizzatrice: sgombrarono il campo delle ipocrisie dell'industria discografica, dei media e della società degli anni '60. Riflettendo il razzismo di quegli anni, l'industria discografica aveva imposto un rhythm and blues che era il più bianco possibile, poco o nulla imparentato con il rhythm and blues da cui era nato.
I "teen idols", i Beach Boys e i Beatles avevano riportato in auge la canzone melodica semplicemente aggiornata agli strumenti del complesso rock. I Rolling Stones compirono un'operazione tre volte rivoluzionaria: recuperarono il rhythm and blues così com'era, assimilarono tutto ciò che era "male" di quella musica (ritmo trascinante, canto sguaiato, atteggiamento spavaldo, liriche oscene) e lo sposarono alla frustrazione dei giovani della loro generazione, due minuti prima che quella frustrazione esplodesse nei disordini studenteschi del '64.
Laddove i Beatles avevano arginato le istanze di rivolta e le avevano assimilate all'ideologia qualunquista e borghese, i Rolling Stones le amplificarono a dismisura e le sposarono a una nuova ideologia anarchica, ribelle e sottoproletaria.
Dopo di loro non solo la musica rock ma la civiltà occidentale stessa non sarebbe mai più stata la stessa.