Musicoterapia in una casa di riposo
Molte volte, dopo un intervento musicoterapico in una casa di riposo, mi è stata posta la domanda: cosa possono fare gli operatori per collaborare con il Laboratorio di Musicoterapia? La mia risposta è sempre la stessa: tanto. Infatti l'integrazione fra le diverse professionalità presenti non è soltanto desiderabile ma vitale per la qualità delle cure. Spesso il musicoterapista è considerato una sorta di collaboratore esterno che "arriva ogni tanto per far divertire gli ospiti" e non un membro dell'équipe. E questo preconcetto, basato sullo scetticismo "scientifico" o sull'ortodossia di alcuni medici o infermieri poco aggiornati, molte volte finisce per creare una barriera all'integrazione del musicoterapista.
L'American Accademy of Neurology nel 2001 ha riconosciuto la Musicoterapia come una delle linee guida per migliorare le attività funzionali e ridurre i disturbi di comportamento. Diversi studi hanno dimostrato che, "nonostante il progressivo deterioramento della facoltà cognitive e funzionali, in moltissimi casi i malati di Alzheimer restano comunque capaci di ricordare le melodie e spesso anche le parole di quei motivi che sono stati la colonna sonora della loro vita". Tali evidenze permettono alla Musicoterapia di muoversi laddove altre discipline terapeutiche basate sulla parola hanno meno efficacia. In breve vediamo due punti interessanti per chiarire gli obiettivi della Musicoterapia nel campo delle demenze e dell'Alzheimer:
a) Gli obiettivi della Musicoterapia nell'ambito delle demenze: scandire la temporalità; incentivare la condivisione di interessi comuni per facilitare i rapporti sociali; essere promotrice di attività che implicano esercizio fisico e mentale (ricordi, coscienza di sé); promuovere nuovo apprendimento; rivalutare il soggetto come fonte sonora creativa.
b) L'attività di Musicoterapia con persone affette da demenza e Alzheimer può pervenire ai seguenti risultati: è per l'anziano fonte di divertimento, soddisfazione e benessere. Sono da valutare come risposte positive anche i piccoli segnali: sorrisi, cenni di approvazione, ecc; stimola coloro che hanno scarse reazioni emotive; aumenta l'autostima (attraverso il suono, gli strumenti e il canto); favorisce il rilassamento, il controllo del respiro e il movimento guidato; accelera il recupero della parola negli afasici; stimola motivazioni e ricordi pregressi; attenua comportamenti ansiogeni e ripetitivi; sposta l'attenzione dai comportamenti violenti; favorisce l'orientamento e l'acquisizione della dimensione spazio-temporale; favorisce le interazioni con gli altri e la socializzazione; rivaluta le potenzialità e le attitudini del malato d'Alzheimer; facilita l'apprendimento e la concentrazione; stimola il corpo attraverso movimenti semplici e la danza; è un'attività che può essere condotta anche in presenza di parenti degli ospiti.
Detto ciò, vediamo ora in che modo l'operatore delle case di riposo può collaborare con il musicoterapista. Innanzitutto può aiutare nella scelta e nella sistemazione dello spazio nel quale si svolgerà il Laboratorio. Molti manuali di Musicoterapia affermano che l'ambiente ideale per la musicoterapia dovrebbe essere insonorizzato. L'esperienza mi ha insegnato però che lo spazio migliore è quello dove gli ospiti si trovano normalmente, camera da letto inclusa. Inoltre è fondamentale che ci sia una buona illuminazione per permettere ai partecipanti di vedere gli strumenti, condividere reazioni, scambiare sguardi e comunicare con gesti. Credo che la miglior musica sia quella armonizzata alle onde di luce del giorno. Un altro elemento importante è che le attività non siano interrotte da curiosi o personale dell'équipe: in effetti è piuttosto comune nelle residenze o nei centri diurni l'invasione dei laboratori di parte di operatori e principalmente infermieri, che entrano all'improvviso per prelevare uno dei partecipanti per una cosa o l'altra e mai per partecipare all'attività. Poche volte ho incontrato, infatti, infermieri o medici interessati a partecipare agli incontri di Musicoterapia nelle case di riposo. La partecipazione dell'équipe, invece, rafforza i legami di tutti con gli utenti, aiutando a modificare un vissuto di luogo clinico in uno di vero luogo abitativo. L'attività che dura non più di un'ora e mezza, una o al massimo due volte alla settimana, si caratterizza attraverso un interrompere e continuare l'attività, trovando il momento giusto per agganciare gli ospiti. Saper stimolare le persone da vicino, spostandosi dall'una all'altra, e utilizzare il tempo necessario per farlo è certamente un'abilità del musicoterapista, che si abbina alle conoscenze specifiche delle risposte musicali e alla capacità di improvvisare a livello strumentale e vocale. Ma se un operatore collabora e cerca di dare supporto a questo tipo d'interazione sicuramente il lavoro risulterà più proficuo.
La Musica può creare soggettività: determinate musiche che sono diventate "nostre" perché consideriamo queste stesse musiche una parte integrante della nostra storia personale. Possiamo pensare a musiche di quel tipo come vere metafore di situazioni di vita o di periodi interi delle nostre esistenze. La Musica riesce a riprodurre a livello emozionale l'atmosfera di un'epoca, di uno stile di vita che abbiamo condiviso. Inoltre, in alcune situazioni, sembra creare sicurezza, protezione, come se riuscisse a ricostruire un ambiente "familiare", conosciuto o riconoscibile. Il suono porta con sé informazioni riguardanti il territorio: l'ascolto è, a livello basilare, una selezione di indizi che permette di delimitare il territorio, lo spazio sicuro o lo spazio insicuro. Quanto appena detto, ci conduce ad una questione importante: la reazione di questi soggetti all'ambiente sonoro e alla musica. Prima di parlare della cultura musicale della persona anziana o affetta da demenza, è interessante una riflessione sull'ambiente musicale dove sono cresciuti i giovani operatori. La cultura musicale popolare della nostra epoca è in parte caratterizzata da due elementi che in questo caso, ci interessano:
a) l'ascolto musicale con volume spesso assordante;
b) la forma impositiva e invasiva con la quale la musica arriva all'ascoltatore.
E' improbabile per esempio, che oggi un concerto di musica popolare si svolga con un volume normale adeguato all'ascolto: la musica, in forma più o meno consapevole, viene diffusa con alta intensità per funzionare come una droga o uno stimolante del sistema nervoso centrale. Per piacere deve stordire, colpirci fisicamente e aumentare al massimo la reattività. Inoltre essa sembra essere dappertutto, dobbiamo ascoltarla per forza anche se non ne abbiamo voglia o non ci piace. I media, i moderni sistemi di amplificazione, i mezzi di diffusione ad alta tecnologia e la pubblicità ci hanno privato del silenzio e della capacità di decidere cosa vogliamo ascoltare; d'altronde però dato che viviamo in un epoca di individualismo spietato e di solitudine, siamo contenti perché la musica ci fa compagnia. In una relazione presentata in un convegno di studio sul problema dell'inquinamento musicale si legge: "L'inquinamento musicale può seriamente compromettere la salute di una persona, il suo equilibrio complessivo, e procurare anche "un danno esistenziale", figura di recente riconosciuta dalla nostra giurisprudenza. Esso consiste in un'alterazione del benessere fisico, con conseguente riflesso sulle normali attività quotidiane, tale da tradursi in una lesione della serenità personale quale diritto di ciascun soggetto nell'ambito sia lavorativo sia familiare. Se l'ambiente è acusticamente inquinato, anche dalla persistenza della musica, l'uomo non può comunicare correttamente con esso".
Anche l'ambiente di una casa di riposo, può sembrare estremamente ostile, disturbante o minaccioso: ciò anche a causa dei suoni aggressivi provenienti dalle attività quotidiane sbrigate senza tanti complimenti o della musica imposta dal gusto personale degli operatori. Mi è capitato di visitare delle residenze nelle quali gli ospiti erano bombardati dalla mattina alla sera con musica "rock", "pop", "disco" o, addirittura, "tecno", perché quei pezzi musicali aiutavano gli operatori in servizio ad accompagnare la pesante routine di lavoro, generando a volte un baccano tipo quello di una catena di montaggio, soprattutto durante i pasti. Probabilmente non era una coincidenza il fatto che gli ospiti di quelle residenze fossero in permanente stato depressivo, alternando l'apatia con episodi di agitazione motoria e di aggressività generalizzata. Dunque la riduzione del rumore ambientale e della musica scelta in maniera aleatoria è da prendere seriamente in considerazione in un programma di trasformazione dell'esperienza di una casa di riposo, volendo migliorare le condizioni di vita e di salute degli ospiti di queste strutture: essi hanno vissuto in un altro mondo musicale, in un ambiente molto più silenzioso del nostro ed è necessario rispettare questa differenza. Adattarsi alle novità musicali da dj mi sembra improbabile per un anziano di più di ottant'anni! La musica invasiva lo renderà meno presente e disorientato, renderà i suoi eventuali deliri più minacciosi, lo spingerà a reagire in forma ostinata e violenta contro un ambiente che propone violenza sotto forma di suono. Nel costruire un repertorio di ascolto da proporre in una casa di riposo, il primo passo da fare è quello di cercare brani che abbiano un significato per gli ospiti: canzoni associate alla storia del paese di origine, inni religiosi, musica folcloristica utilizzata tradizionalmente in feste appartenenti al calendario locale, arie liriche e classiche più amate ed i pezzi della canzone italiana che coincidono con il periodo giovanile. Con questo materiale è possibile aiutarli a ritrovare i riferimenti della propria cultura musicale in un ambiente sonoro familiare, vicino alla loro storia ed identità. Mi sembra superfluo a questo punto raccomandare l'utilizzo di un volume contenuto e l'evitare di riempire tutti i momenti della giornata con la musica: il silenzio è insostituibile ed ha grande importanza.
Alcune attività musicali semplici ma efficaci possono essere organizzate anche da operatori non musicoterapisti:
a) Ascoltare alcune volte un brano semplice e provare a cantare la melodia senza parole, anche solo in parte.
b) "Ascoltare - raccontare": l'attività richiede la condivisione di emozioni, ricordi e storie che l'ascolto della Musica evoca; dopo i racconti, informare il gruppo sull'origine e la storia del brano ed eventualmente aiutarsi anche con delle immagini.
c) "Le mie canzoni". Intervistare i partecipanti del gruppo riguardo le loro canzoni preferite e cercare di stimolare i ricordi associati alle canzoni. È interessante elaborare una scheda e poi un "manifesto della canzone" insieme ad ogni partecipante. Nel manifesto, oltre al nome della canzone, si possono incollare fotografie di artisti, ritagli di giornale o disegni associati alle canzoni.
d) "Canzoni celebri". Chiedete ai partecipanti quali canzoni vorrebbero cantare e incoraggiateli a farlo tutti insieme (l'animatore può accompagnare i canti con la chitarra o la tastiera).
e) "Il Quiz". Musica registrata o suonata dal vivo dall'Animatore. Ascoltare e cercare di indovinare l'origine, il carattere e l'epoca del brano ascoltato.
f) La Musica può essere associata ad ogni attività sociale, eventi e feste. Va organizzata l'attribuzione dei diversi ruoli: chi suona, chi sceglie la musica, chi presenta.
Se il miglior modo di concludere un incontro di Musicoterapia è la condivisione (tutti parlano di cosa è piaciuto, di cosa non è piaciuto, di quello che hanno provato, dell'intesa con gli altri partecipanti, ecc), raccogliere il ricordo di quei momenti il giorno seguente è ancora più importante, se consideriamo la realtà di una casa di riposo. L'operatore in quanto presente in maniera continuativa nella struttura, può svolgere in questo senso una funzione facilitante, stimolando la memoria dell'evento sonoro e condividendo con i soggetti le emozioni del momento.