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Mahler, la confessione della Nona

 

Nessuno schema introduttivo può sostituire l'analisi minuziosa di un'opera, così come nessuna guida di viaggio può sostituire la conoscenza diretta di un paese. E tuttavia schemi e guide hanno una loro utilità primaria, rappresentano una forma di orientamento provvisorio per non cadere negli inconvenienti e nelle trappole del "fai da te": se pure tolgono all'esperienza qualcosa del suo valore di scoperta, facilitano il primo incontro con le cose e i luoghi.
Nel caso delle Sinfonie di Mahler, lo schema descritto dal musicologo Michael Kennedy vale ancora come punto di riferimento. Il corpus delle sue nove Sinfonie - alle quali andrebbe aggiunto l'Adagio dell'incompiuta Decima - dovrebbe essere allora diviso in tre gruppi. Il primo comprende le Sinfonie dalla n. 1 alla n. 4, attinge ampiamente al patrimonio popolare della civiltà contadina, sia pure in un'atmosfera che unisce tragedia e fiaba, e può essere definito "austriaco". Il secondo gruppo, dalla Sinfonia n. 5 alla n. 7, non è più riconducibile a quel mondo di visioni popolari, ma è abitato da una pluralità di stimoli che sono il prodotto tipico di una cultura urbana: a dominare, dunque, sono l'influenza della città e la sensibilità "viennese" che caratterizza queste composizioni. La Sinfonia n. 8 e la n. 9, infine, sono piuttosto da indicare come opere "cosmopolite", in quanto descrivono lo stato di lacerazione del soggetto moderno non più in relazione a un ambiente specifico, urbano o contadino, ma rispetto al mondo nel suo insieme, secondo una più acuta determinazione esistenziale.
La Sinfonia n. 9 rientra nella traccia offerta da questo schema come apice di un processo di essenzializzazione. Dopo che la gigantesca Ottava, la cosiddetta Sinfonia dei Mille, aveva dipinto un affresco nel quale lo spirito dell'artista creatore compiva il suo cammino verso la grazia e la redenzione, la Nona è una composizione più leggera e al tempo stesso più introspettiva. Come in un percorso analitico, Mahler sembra voler ripercorrere all'indietro il suo percorso: raccoglie tracce delle Sinfonie "austriache" nel primo e nel secondo movimento, dove risuonano fanfare, marce funebri, ritmi di danza popolare, suoni e immagini del paesaggio naturale; riprende motivi delle Sinfonie "viennesi" nel terzo movimento, il Rondò, dove l'estremo vitalismo della musica evoca il rumore, la confusione della città; giunge infine, nel bellissimo Adagio conclusivo, ad allacciarsi a un'altra delle sue ultime composizioni, Das Lied von der Erde (Il canto della terra), della quale recupera il tema del commiato finale, un lungo addio che si consuma in musica.
Proprio come avviene nell'esperienza della psicoanalisi, tuttavia, il richiamo a esperienze passate non si risolve nella presentificazione di un ricordo, ma è il prodotto di un'elaborazione originale, è il racconto nel quale l'autore riconosce se stesso alla luce di una visione della propria storia. Se si intende così la Sinfonia n. 9, questa prende le sembianze di una confessione musicale, usando questa parola - "confessione" - nel senso in cui l'hanno intesa, in tempi diversi, personaggi diversi come Agostino e Rousseau: un racconto di sé che è anche trama del lutto e delle perdite, lenta accumulazione di dettagli dai quali emerge la qualità di una composizione da non giudicare solo in senso estetico, ma come documento culturale nel suo insieme.
Anche se la Sinfonia n. 10 fu progettata come un intero, anche se è stata ricostruita sulla base degli schizzi lasciati da Mahler, è significativo il fatto che di essa resta compiuto solo l'Adagio introduttivo, quasi che ogni ulteriore tentativo di scrivere una sinfonia non solo dovesse partire dal finale della Nona, dunque da un lungo Adagio, ma non potesse neppure superarlo. Perché il senso del commiato, analizzato in tutta la musica di Mahler a partire da angolature diverse, aveva raggiunto la sua espressione più densa e riuscita proprio in questa pagina che sembra prefigurare la morte del soggetto moderno, dopo avere descritto nelle sinfonie precedenti la fine della civiltà contadina e la crisi di quella urbana.
Scritta fra il 1909 e il 1910, la Sinfonia n. 9 venne eseguita per la prima volta un anno dopo la morte di Mahler, nel 1912, sotto la direzione del suo fidato amico e allievo Bruno Walter.

 

Stefano Catucci (da www.sistemamusica.it)