L'uomo Shostakovich, visto e narrato
L'inquieto Shostakovich - il grande musicista che non volle fare l'eroe, come lo definì Schoenberg – era un uomo d'altri tempi. Ricevette decine di medaglie ma, almeno dalle foto conosciute, non pare fosse solito sfoggiarle con la stessa costanza dei suoi connazionali. Continuò sempre a chiamare i luoghi che la rivoluzione aveva ribattezzato con i nomi imparati da bambino nella sua San Pietroburgo: via Marat, dove abitò, lui continuava a chiamarla via Nikolas, il Teatro Malyj lo chiamava Teatro «Michajlovskij».
Aveva un'autentica ossessione per i patronimici: mai si sarebbe rivolto a qualcuno senza usare questa forma di cortesia. Lui era per tutti Dmitrij Dmitrevic. Prima di incontrare qualcuno scriveva lunghe lettere per informarsi da terzi dei corrispettivi patronimici.
Era onestissimo e irreprensibile sulle questioni di denaro. E ogni tanto ebbe problemi economici, per esempio quando gli toglievano il lavoro per ragioni politiche.
Un po' all'antica era anche la sua fissazione per ricorrenze, compleanni, onomastici, propri e di amici. Conosceva persino l'onomastico della iettatura. Calendario alla mano, giunse a festeggiare i compleanni delle sue opere.
Detestava i ritardi. A una cena in casa, dopo un quarto d'ora, massimo venti minuti dall'orario comunicato, ci si metteva a tavola anche se non erano arrivati tutti.
Viveva le aggregazioni sociali con un profondo senso del rituale. Soprattutto se funebre. Era persona molto seria. Vi erano aspetti della vita su cui non bisognava scherzare, neppure per rompere la tensione. In occasione del ricordo di un defunto, o quando si rammentavano le epoche del terrore, non tollerava che si assumessero toni troppo fuori tema. In una lettera del 1946 si mostra ammirato alla lettura dei necrologi di musicisti e collaboratori dei Teatri Imperiali: gli piacevano la laconica precisione, la chiarezza.
La sua arte, in alcuni suoi aspetti, è affine a quella del necrologio: i suoi necrologi sinfonici potrebbero essere definiti compianti di massa. Però forse non avrebbe approvato il critico italiano che lo ha definito argutamente «insaziabile di vittime».
Era un grande conoscitore del grottesco, ma non lo tollerava fuori posto.
Estratto dall'introduzione al volume Dmitrij Shostakovich a cura di Franco Pulcini.
Da www.sistemamusica.it