L’ironia dell’arte pura
Se qualcuno si ostinasse ancora a considerare "noioso" il mondo della musica classica, legga I Grotteschi della musica di Hector Berlioz. Non si sorride, come nei buoni salotti: si ride a crepapelle. Si svela l'assurdo e ci si nutre di pura ironia per trecento pagine di mefistofelico piacere. Un testo del 1859 che, come capita spesso per il mondo musicale, sembra scritto ieri! Unico neo dell'edizione italiana: perché non tradurre dal francese, almeno in nota, le citazioni impiegate da Berlioz e magari evidenziarne i doppi, tripli, innumerevoli sensi? Il grande Hector fu anche agguerrito recensore per quasi trent'anni. E come non confessare che lui, compositore, direttore e organizzatore, visse non pochi "conflitti d'interesse"? "Sovente mi sono domandato: è perché sono pazzi che taluni si occupano di musica, o piuttosto è la musica che li rende pazzi?". Ecco risolto il conflitto...
Quali i modelli per l'apostolo delle nuove generazioni romantiche? "Beethoven appartiene alle schiere dei Titani, degli Arcangeli, dei Troni e delle Dominazioni. Dall'alto della sua opera, tutto il resto del mondo musicale sembra minuscolo". Pochi anni dopo, nella raccolta A travers chants (1862) scrive: "Oggi, la musica, nella forza della propria giovinezza, è libera, emancipata: fa ciò che vuole. – Molte delle vecchie regole non hanno più valore: furono create per osservatori distratti o da spiriti abitudinari per altri spiriti abitudinari. – Nuovi bisogni dello spirito, del cuore e del senso auditivo impongono nuovi tentativi e, in certi casi, addirittura, la trasgressione delle antiche leggi".
Era l'inizio della fine? O l'inizio di un cambiamento che sentiamo ancora oggi necessario? "... potrete fondare un gigantesco Conservatorio dove verrà insegnato quanto è opportuno sapere sulla musica e per la musica, si formeranno musicisti che non siano degli artigiani, ma degli artisti, delle persone colte, dove i cantanti apprenderanno la lingua madre, la storia, l'ortografia, con i vocalizzi e anche con la musica se ciò è possibile; dove vi saranno classi per tutti gli strumenti utili senza eccezioni e venti classi di ritmo; dove si formeranno immensi eserciti di coristi che abbiano davvero la voce e che sappiano realmente cantare e leggere e comprendere quello che cantano; dove si alleveranno dei direttori d'orchestra che non battono la misura col tacco delle scarpe e che sappiano leggere le grandi partiture; dove sarà insegnata la filosofia e la storia dell' arte e molte altre cose ancora".
Spazio alle nuove opere? "Le persone che si assentano per breve o lungo tempo da Parigi sono stupefatte al loro ritorno dall'ostinazione con cui i pasticcieri tutti i giorni fanno le stesse paste e i teatri lirici sfornano le stesse opéras-comiques e della pertinacia dell'Opéra ad eseguire le opere antiche".
Salvare un'esecuzione da pericolosi interpreti? "Quanto ai soprani erano quelli del coro del teatro: durante il concerto, per mettere fine ai loro guaiti, fui obbligato a suggerire un brano dove non c'è che da raddoppiare i tenori all'ottava: 'Care signore, c'è un errore nelle vostre parti di canto: al principio mancano trecento pause, contatele in silenzio attentamente'". Al di là dell'ironia, del tagliente snobismo musicale, Berlioz rimane un "cercatore d'arte" e l'impegno morale del suo scrivere, come del suo comporre, trapela nella perorazione dell'ispirazione pura: "Il grande amore e la grande arte si assomigliano tanto! Il bello è così bello! Le passioni sublimi sono talmente rare! I giorni così grigi! Tanto breve la vita e la morte sicura!... Cento volte cretini a voi, architetti di rinunce altrui, di lotte contro gli istinti più elevati, di matrimoni di convenienza fra donne e babbuini, di unioni fra l'arte e la piccola industria, fra la poesia e il commercio, maledizione e dannazione a tutti voi!".
Un consiglio per concludere? "Al fine di ottenere dei genuini e produttivi successi, occorre che i nostri compositori scrivano assolutamente quei grossi mastini di opere che abbaiano dalle sette a mezzanotte e talvolta anche oltre".
Honi soit qui mal y pense...