La scienza segreta di Raymond Scott
Chi era Raymond Scott? Un alchimista dei tardi anni Trenta con un piede nel jazz le cui melodie in seguito avrebbero musicato i disegni animati di Bugs Bunny e di Ren & Stimpy? Oppure l'inconsapevole padrino di techno, electronica e musica ambientale? Due ruoli storici apparentemente incompatibili, che pure sono coesistiti entro la medesima, enigmatica figura. I due ruoli non sono paradossali, anzi: esibiscono una speciale continuità...
I giocosi riff di Raymond Scott, registrati dal 1937 al 1939 dal quintetto di Raymond Scott, si trovano codificati a livello genetico nella quasi totalità degli esseri umani grazie all'uso che ne fece il direttore musicale dellaWarner Bros., Carl Stalling, in 120 episodi dei classici disegni animati Merrie Melodies e Looney Tunes. Più recentemente, questi e altri temi hanno accompagnato una dozzina di episodi del Ran & Stimpy Show della Nickelodeon. La riscoperta popolare dei dischi originali di novelty jazz di Scott (cominciata con la pubblicazione da parte della Columbia, nel 1992, del CD Reckless Nights and Turkish Twilights) ha condotto - meglio tardi che mai - a una rivalutazione del genio senza tempo, e a lungo dimenticato, di Scott.
La sua musica È stata eseguita da Kronos Quartet, Rush, They Might Be Giant, Don Byron, Louis Armostrong, Gwar, Benny Goodman, Foetus, Devo, Holland's Metropole Orchestra, Beau Hunks e innumerevoli altri devoti. David Harrington del Kronos Quartet ha dichiarato che la sua scoperta della musica di Scott nel 1992 "fu come trovare finalmente il nome di un compositore che avevo conosciuto per tutta la mia vita, ma fino a quel momento rimasto anonimo. Non c'è dubbio che sia fra i più grandi compositori americani".
La rivalutazione dell'altro lato della sua carriera, quello di pioniere della musica elettronica, s'iniziò nel 1997 con la ristampa della sua trilogia del 1963 Soothing Sounds for Baby. Questi album, per lo più ignorati al tempo della loro uscita, contenevano opere delicate, completamente elettroniche, destinate a calmare e deliziare i bebé. L'esplorazione pionieristica e poco nota del minimalismo ritmico sintetizzato e di un arredo sonoro ambientale di basso profilo prefigurò analoghe trovate di Terry Riley, Philip Glass, Kraftwerk e Brian Eno. Il fatto che la maggior parte delle musiche di Scott venissero eseguite su macchine musicali, da lui progettate, assemblate con valvole e transistor fece di questi dischi riesumati una specie di Stele di Rosetta dell'electronica.
Tuttavia, Soothing Sounds for Baby non poteva certo preparare il mondo agli esotici artefatti presenti sul più recente doppio CD, Manhattan Research Inc.. I sessantanove brani ivi presenti coprono l'innovativo lavoro con l'elettronica svolto da Scott tra 1953 e 1959. Escursioni nella musica concreta si possono qui ascoltare fianco a fianco con diverse collaborazioni con un giovane Jim Henson, ancora pre-Muppet Show.
Per giunta, Manhattan Research Inc. presenta alcune delle prime réclame televisive e radiofoniche corredate di colonne sonore elettroniche. Questi due CD hanno suscitato incredulità in Holger Czukay: "Cose degli anni Cinquanta e Sessanta? Raymond Scott fa parte di quel ristretto novero di originali che comprende figure come Les Paul, Oscar Sala e Leon Theremin, ai quali tanto dobbiamo per lo sviluppo della nostra odierna identità musicale".
Swing elettrificato.
Prima che Scott s'imbarcasse, su insistenza del fratello maggiore, nella carriera musicale nel 1931, le sue mire erano piuttosto verso l'ingegneria. Risultato del suo fascino per la tecnologia furono la dimestichezza, rarissima fra compositori e direttori d'orchestra, con la radio e gli studi di registrazione. Nel corso della sua vita, Scott esplorò la tecnologia musicale con la dedizione di un premio Nobel. Rivoluzionò l'arte della microfonatura e trascorse gran parte delle sedute di registrazione della sua orchestra nella sala di controllo, monitorando il missaggio.
Un articolo apparso su Down Beat nel giugno 1937 intitolato "Le idee di un musicista-ingegnere elettrizzano il mondo dello Swing", descriveva l'appartamento newyorkese di Scott "diviso in due parti: in una le note dominanti erano il pianoforte e il fonografo; nell'altra, attrezzature di registrazione di ogni tipo, con microfoni dappertutto e lunghi cavi sul pavimento". L'articolo indagava la scienza di Scott dell'"acustica creativa", in cui un microfono era adoperato per manipolare ed acquisire suoni diversi da quelli avvertiti a orecchio nudo. Un altro articolo, questa volta su Popular Mechanics del novembre 1937, "Musica radiofonica del futuro", raffigurava Scott nell'atto di collocare un microfono spento accanto al piano e di accenderlo solo dopo aver toccato la tastiera, per cogliere l'effetto spettrale del suono residuale, "etereo, smateriato, pieno di spazio".
Manhattan R & D.
Come compositore, Scott era un perfezionista severo, intollerante nei confronti dell'improvvisazione, il che gli procurò l'ira dei puristi del jazz. Si guadagnò la fama di tiranno in sala di registrazione e venne comunemente criticato per trattare sidemen e cantanti come fossero pezzi di strumentazione. "Ebbe sempre a che fare solo con macchine", ricorda il batterista Johnny Williams, "solo che noi avevamo dei nomi". Anita O'Day, che lavorò brevemente nella big band di Scott all'inizio degli anni Quaranta, lo chiamò "un sergente" che "riduceva i musicisti ad assomigliare a giocattoli a molla".
Nel 1946, lo stesso anno in cui compose la musica per la lo spettacolo di broadway Lute Song di Mary Martin e Yul Brinner, Scott fondò la Manhattan Research Inc. con lo scopo di espandere gli orizzonti della generazione del suono elettronico. Dal 1950 al 1957 Scott finanziò le sue diversioni tecnologiche dirigendo l'orchestra del programma della NBC, banale ma di grande successo, Your Hit Parade (un lavoro che disprezzava). Raymond e la seconda moglie, la cantante Dorothy Collins, apparivano sul piccolo schermo in milioni di case americane ogni settimana. Tuttavia, pochi potevano immaginare chi fosse l'alter ego dietro il sorriso forzato di quel direttore d'orchestra.
Scott presentò la Manhattan Research Inc. come "il più grande istituto per la creazione di musica elettronica e concreta". Uno degli slogan della ditta era: "Più che una fabbrica del pensiero - uno stabilimento di sogni in cui l'entusiasmo di domani è disponibile già oggi".
Trascorrendo più tempo a saldare circuiti che con i suoi sideman a paga sindacale, Scott finì col fare del tutto a meno dell'elemento umano. Si trovava più a suo agio circondato da macchine: Scott sapeva parlare la loro lingua, o almeno insegnò loro a parlare la sua. Come ha detto il presidente della Electronic Music Foundation, Joel Chadabe, "la musica di Scott è composta con tale perfezione, così lirica e spontanea, così assolutamente incantevole e benigna, che appare tanto più straordinario e perfino misterioso che molta di essa sia stata creata tramite la tecnologia sofisticata e complessa che egli inventò. Scott sviluppò strumenti per fare la sua musica e lo fece così bene che tutto quello che si sente è la musica".
Le invenzioni evolsero secondo gli umori della curiosità illimitata di Scott. Nel marzo del 1946 Scott brevettò un sintetizzatore elettromeccanico chiamato "Orchestra Machine". Oscuro antenato del Mellotron, che si basa sui loop, aveva una tastiera che riusciva a simulare un tradizionale complesso di musicisti. "Questa macchina è un dispositivo che incorpora un certo numero di unità sonore multiple, che possono essere selezionate come si selezionerebbero gli strumenti musicali in un'orchestra", scrisse Scott nella descrizione di brevetto. "La velocità dell'intero sistema di controllo meccanico può essere variata per selezionare qualunque altezza musicale".
Due anni dopo, Scott iniziò un decennio di lavoro su un ciclopico generatore di effetti sonori che finì col battezzare Karloff (come il leggendario interprete di Frankenstein). Scott diede dimostrazione dell'unità al giornalista Joseph Kaselow del New York Herald Tribune. "Il cuore dell'unità è un pannello di controllo con alcune centinaia di combinazioni sonore - acuti, bassi, beep, fruscii, qualunque cosa", scrisse kaselow. "La macchina di Scott, di fatto un banco di controllo che seleziona, modifica e combina suoni prodotti elettronicamente, dispone di 200 sorgenti sonore ed è in grado di produrre rapidamente effetti sonori ed elettronici infiniti e variati. La macchina usa parecchi generatori di suoni elettronici, e altri se ne possono aggiungere. Il pannello di controllo determina altezza, timbro, intensità, tempo, accenti e ripetizioni. Può dare il suono di un bongo. Può produrre l'impressione di comune rumore. Può creare il mood di poemi sinfonici. E può anche produrre illimitate variazioni emotive per una varietà di stili musicali. Tutto ciò, s'intende, con Scott alla guida".
Muro di suono.
Uno studente di vent'anni della Colubia University di nome Robert Moog e suo padre furono fra i pochi privilegiati che poterono vedere in atto le ossessioni di Scott. All'epoca, i Moog stavano costruendo dei theremin in cantina. Scott desiderava ottenere la licenza per utilizzare le loro componenti elettroniche, e a tale scopo invitò i Moog nella sua sede di Manhasset, nello stato di New York.
"Dapprima, Raymond ci mostrò il suo studio di registrazione. Quindi una grandissima stanza con una fresa e apparecchiature di missaggio e monitoraggio d'ogni sorta", ricorda Moog. "Il piano inferiore era un laboratorio di sogno, consistente di una grande stanza con macchinari e attrezzi di prima qualità; e un grande magazzino di parti elettroniche, assolutamente completo. Mio padre e io rimanemmo a bocca aperta".
Quell'incontro segnò l'inizio di una relazione personale e professionale fra Moog e Scott che durò quasi vent'anni. "La prima volta che mi trovai a lavorare per Scott, nei primi anni Cinquanta, aveva un enorme laboratorio", dice Moog. "una stanza era completamente riempita di file dopo file di relay, motori, stepper e circuiti elettronici. Raymond vi si aggirava regolando ora qui ora là per modificare i pattern sonori. Mai visto niente di simile. Era un enorme sequencer elettromeccanico". Scott lo chiamava il suo "muro di suono".
Scott usò il modulo theremin dei Moog nel prototipo del suo sintetizzatore a tastiera, il Clavivox, brevettato nel 1956. Pochi anni prima di incontrare i Moog, Scott aveva messo insieme un theremin giocattolo per la figlia Carrie. "Dovevo avere undici o dodici anni, quindi si era nel 1950 o '51", ricorda Carrie Makover. "Avevo visto una commedia a Broadway chiamata Mrs. McThing in cui si sentiva un theremin, che mi piacque moltissimo. Ma dopo che mio padre me ne costruì uno, scoprii che non sapevo suonarlo. Allora lui lo riprese e ci fece qualcos'altro".
Il sintetizzatore che ne risultò permetteva all'esecutore di scivolare fluidamente da una nota a un'altra, senza interruzioni, su una tastiera da tre ottave. Poteva essere suonato con un portamento espressivo anziché sono con altezza discrete. Miglioramenti successivi permisero anche staccato, vibrato e molti altri effetti. Riusciva anche a simulare diversi strumenti 'tradizionali'.
"Non era più un theremin", dice Moog. "Raymond si accorse subito che esistevano modi più eleganti di controllare un circuito elettronico". Nei modelli successivi, Scott usò delle fotocellule e un fascio di luce fisso attraverso una pellicola fotografica gradata da opaca a trasparente. In questo modo si variava il voltaggio, di conseguenza modificando l'altezza del generatore di suono. La forma d'onda del suono determinava il colore e i metodi di modifica dell'onda erano simili a quelli dei moderni sintetizzatori analogici. "Buona parte della circuiteria del Clavivox somigliava assai al primo sintetizzatore analogico prodotto dalla mia ditta alla metà degli anni Sessanta", dice Moog. "Alcuni dei suoni sono diversi, ma comunque vicini".
In corsa contro l'orologio.
Scott, per natura una stakanovista, imponeva ritmi di lavoro intensissimi ai suoi musicisti. Nel 1957, a cinquant'anni, soffrì il primo di numerosi, gravi disturbi cardiaci. "Avevo punti morti per tutto il corpo", scrisse Scott nel suo diario. "I cardiologi mi davano un anno di vita". Ma anziché rallentare il passo, Scott lo affrettò. Forse si accorgeva che, oltre che contro i concorrenti, si stava battendo anche contro l'orologio del becchino.
Verso il 1959 Scott progettò e costruì la "Circle Machine", un sequencer elettronico più compatto del precedente. Il dr. Thomas Rhea, professore di sintesi musicale al Berklee College of Music, fece visita a Scott spesso nei primi anni Settanta e ricorda la Circle Machine come "un generatore analogico di forma d'onda, ma una cosa pazzesca, simile a un derviscio rotante. Aveva un anello di lampade a incandescenza, ciascuna col suo reostato, e una cellula fotoelettrica montata su un mandrino che roteava sopra le luci". L'intensità di ogni lampadina era regolabile separatamente, come la velocità di rotazione della fotocellula. Al ravvivarsi delle luci l'altezza del suono cresceva. Il ritmo era regolato dalla velocità di rotazione del braccio. Le luci potevano venir ordinate per potenza e, a seconda del pattern, la sequenza sonora generata cambiava. La Circle Machine disponeva di un'ampia gamma di suoni irreali, che si ascoltano nei molti jingle pubblicitari registrati da Scott fra gli anni Cinquanta e Sessanta (molti di questi si trovano su Manhattan Research Inc.).
Costruendo sulle fondamenta del suo generatore Karloff e del sequencer "Muro di Suono", e prendendone direttamente delle componenti, Scott sviluppò la prima versione della sua "macchina di composizione ed esecuzione istantanea", nei tardi anni Cinquanta. La chiamò "Electronium" di Raymond Scott (nulla a che vedere con l'electronium tedesco di Hohner), e divenne il progetto più ambizioso e dispendioso della sua vita. Nel corso di decenni di duro lavoro, Scott ne sviluppò molte incarnazioni diverse, le quali tutte condividevano la sua tecnologia di intelligenza artificale. "Tutto il sistema si basa sul concetto di Collaborazione fra Uomo e Macchina", si legge nella descrizione di brevetto. "Le nuove strutture indirizzate alla macchina presentano dettagli imprevedibili, pertanto ne risulta una sorta di duetto fra il compositore e la macchina".
Al posto di una tastiera da pianoforte tradizionale, l'Electronium era "guidato" da una serie complessa di bottoni e interruttori ordinati su file. Il sistema permetteva "composizione ed esecuzione istantanea" di strutture ritmiche polifoniche nonché l'esecuzione di programmi prestabiliti. Controllando le sonorità, i tempi e i timbri, Scott e la sua macchina potevano simultaneamente comporre, eseguire e registrare. Le parti non erano su tracce diverse, anzi, voci, ritmi e melodie originavano contemporaneamente in tempo reale.
"Un compositore 'chiede' all'Electronium un 'suggerimento' per un'idea, un tema, un motivo" scrive Scott nel manuale dell'utente. "Per ripeterlo in una tonalità più alta, preme il bottone designato. Qualunque cosa il compositore voglia: più lento, più veloce, un nuovo schema ritmico, una corona, una pausa, un secondo tema, una variazione, un'estensione, un prolungamento, una diminuzione, un contrappunto, un cambio di fraseggio, un abbellimento, ad infinitum. L'Electronium dispone di una palette apparentemente inesauribile di suoni e colori musicali, di ritmi e di armonie. Esso accetta qualunque richiesta del compositore e ne attua le indicazioni. L'Electronium contribuisce al pensiero del compositore, fondando una relazione di duo".
"Si trattava sempre di questo genere di cose metafisiche, quasi magiche... a cui lui pensava finché esse non si verificavano", dice Herb Deutsch, professore di musica alla Hofra University che lavorò con Moog allo sviluppo del primo sintetizzatore Moog nel 1964. Deutsch, che lavorò anche per Scott, ricorda uno degli utopici obiettivi del collega: "Qualcosa che mi disturbava veramente. Diceva: guarda, mi piacerebbe starmene seduto qui e accendere questa macchina, e registrarla ogni volta che suona qualcosa di bello." Non che fosse pigro, tutt'altro. Lavorava con incredibile intensità per far sì che l'essere un compositore non dovesse più essere un lavoro".
L'esperto di circuiti elettronici Alan Enteman fu assistente di Scott. "Ciò che Ray fece fu di riconoscere che la musica ha ripetizioni e pattern, e immaginare una macchina che incorporasse questi pattern", ricorda Enteman. "La pensava come 'un'orchestra con mille voci'. Aveva moduli a plug-in e ogni modulo era un sintetizzatore di suo progetto in grado di produrre una grande varietà di suoni. Ciascuno dava una voce diversa e lui continuava a ripetermi che la musica non è che ripetizione. Puoi ripetere i suoni in una tonalità diversa. Il successo dell'Electronium si doveva alla conoscenza che Scott aveva della composizione. Essendo un compositore, sapeva come costruire la musica a partire da quegli elementi, e funzionò davvero. Quell'arnese poteva produrre ogni tipo di musica immaginabile. Una volta riuscì a geneare una musica che definì come jazz 'veramente sexy', 'ribaldo'".
"Capisco il suo segreto, ma fino a un certo punto" continua Enteman. "Gli armonici sono precisi multipli matematici, e quando una cosa vibra genera dei sovratoni. Il grado di sfasamento tra l'uno e l'altro dà calore al suono. Ecco some otteneva un suono ricco. Poi lo accoppiava con i melodiosi pattern ritmici che v'incorporava. Programmava le ripetizioni e la tonalità, un ingranaggio dentro un ingranaggio".
Maestro alla Motown.
Per tutti gli anni Sessanta l'obiettivo principale di Scott fu il perfezionamento dell'Electronium, in un'epoca in cui i circuiti integrati avevano reso possibile un design più piccolo ed efficiente. Scott chiese a Moog di rendere il suo equipaggiamento più sofisticato. "Il concetto è lo stesso che ho mantenuto per anni. E tu sei lo scienziato che farà queste cose piccole, più compatte e composte di meno parti. Moog sostituì i relay a timer sequenziale a otto stadi di Scott con interruttori temporizzati elettronici.
Malgrado una recrudescenza dei problemi di cuore nel 1967, Scott continuò a concentrarsi a tempo pieno sul suo Electronium. Alla fine degli anni Sessanta aveva investito oltre dieci anni (e più di un milione di dollari) nel perfezionare il figlio del suo ingegno. Ma la salute declinava, così come i suoi - un tempo floridi - diritti d'autore.
Nell'agosto 1970 il fondatore della Motown Records, Berry Gordy, lesse un articolo su "Variety" a proposito del lavoro di Scott. Il produttore telefonò subito a Scott per chiedergli di vedere e sentire la miracolosa invenzione. Presto, un cospicuo contingente della Motown arrivò a Farmingdale, New York, alla sede di Scott, su una flottiglia di Limousine. "Un genio che ne incontra un altro", ha osservato nel 1997 Guy Costa, dirigente della Motown. "Di sicuro Berry rispettava Ray e le sue conoscenza, e Ray ammirava Berry".
Gordy rimase colpito dal Beethoven tascabile di Scott. Costa: "La potenza dell'Electronium, la capacità di digitalizzare il processo musicale gli parve importante. Berry fu sempre un uomo di formule: trovava un ritmo o una progressione armonica e lavorava su quello. L'Electronium dava la possibilità di suonare un accordo, di conservare dei ritmi e di ri-sequenziare le cose. Fu eccitante avere questi nuovi effetti a disposizione".
Un mese dopo, Gordy ordinò un Electronium. L'anticipo fu di 10.000 dollari, ma finì per costare milioni alla Motown. Costa organizzò la consegna dello strumento dallo stato di new York alla casa di Gordy a Los Angeles. Scott aveva preventivato di impartire un corso di sei settimane sull'uso dell'Electronium al responsabile della Motown. Quando Gordy gli chiese delle modifiche, l'inventore accettò di buon grado e continuò il lavoro nella California del Sud, coinvolgendo il cliente.
Alla fine, Gordy offrì a Scott il posto di capo della sezione di ricerca e sviluppo elettronico della Motown. Scott accettò e nel 1972 si trasferì sulla West Coast con la terza moglie Mitzi. Dotato del proprio studio, Scott continuò a sviluppare l'Electronium e altre tecnologie. "Berry guardava all'Electronium come a una sorgente d'ispirazione e di nuove idee e come a una metodologia, un sofisticato sequencer programmabile", dice Costa. "Uno stimolatore d'idee, un processore di pensiero creativo. Forse avrebbero trovato combinazioni mai tentate prima. Avrebbe potuto fare tutto quello che gli si poteva ordinare di fare".
Dopo un infarto particolarmente violento nel 1977, Scott andò in pensione. "Ray era una gran brava persona", ricorda Costa. "Non posso nemmeno dire quanto ci siamo divertiti insieme. Era lo sperimentatore, lo scienziato pazzo". Che cosa la Motown abbia mai tratto da quell'investimento rimane un mistero, dal momento che nessuna registrazione è mai emersa dagli archivi della compagnia.
Tempo scaduto.
Alla fine degli anni Settanta - con problemi di cuore ancora più seri - Scott non era più all'avanguardia della ricerca. Cercò di aggiornare i suoi dispositivi con dei microprocessori ma la malattia gli fece perdere tempo prezioso. "A quel punto aveva distrutto l'Electronium, vandalizzandolo per ricuperare parti per altri progetti", racconta Costa. "L'elettronica era avanzata tanto che era possibile fare con un piccolo chip quello che a lui aveva richiesto kilometri di cavi con l'Electronium. Continuò a lavoraci, ma senza frutto".
Scott, tuttavia, non si arrese. Malgrado una salute sempre più fragile, che lo costrinse a un bypass coronarico, continuò nel suo lavoro perfino dal letto di malato. Alla metà degli anni ottanta modificò uno Yamaha DX-7 e adoperò la tecnologia MIDI per connettere la tastiera all'Electronium tramite un PC comperato nel 1981. "Mi sto interessando a un eccitante progetto", scrisse il 75enne Scott nel suo diario nel giugno 1983. "Per tre mesi non ho dormito più di 50 ore alla settimana. Poi sono crollato. Sintomi del crollo: affaticamento estremo, andatura vacillante, accumulo di dolori al petto, nessuna energia". Un attacco cardiaco serissimo nel 1987 lo rese in pratica handicappato. Tragicamente, Scott si trovò quasi privo della parola e incapace di rispondere alle domande allorché si risvegliò interesse intorno alla sua opera, nel 1992.
Raymond Scott morì nel febbraio del 1994 a 85 anni.
Jeff Winner - Irwin Chusid (da www.allaboutjazz.com/italy)