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Katatonia

 

Ci sono dischi che ti entrano nell'anima e che, col passare del tempo, suscitano nell'ascoltatore una forma di assoluta dipendenza, al pari di una qualsiasi sostanza stupefacente. E' il caso dell'opera degli svedesi Katatonia, un ensemble che si nutre dell'ombra e dei silenzi delle ore notturne.
Partiti (giovanissimi) dal death/doom metal dell'esordio "Dance Of December Souls" e prossimi, col trascorrere delle pubblicazioni ad una marcata ascendenza à la Paradise Lost, i nostri hanno saputo reinventarsi, complice una maturazione che ha del sorprendente, tra i solchi (splendidi) di "Discouraged Ones", vero e proprio spartiacque di una carriera in costante e repentina evoluzione.
Di colpo, l'affabulazione dolorosa ed introversa dei Katatonia si apre ad una nudità quasi imbarazzante, pur sempre gelida e paranoica (crf. rispettivamente "Nerve" e "Stalemate"), ma pregna di una volontà di comunicare il disagio interiore (la stupenda "Saw You Drown", oppure "Deadhouse") che riscontra pochi uguali nell'odierno panorama metallico. Jonas Renske, l'ombroso vocalist, dichiara apertamente nelle interviste la sua passione per Red House Painters e Will Oldham, per poi sposare in guisa entusiastica la parabola dei Tool, del grande Jeff Buckley, dei Cure di Robert Smith o degli amici Opeth. L'approccio testuale trasuda un'emotività disperata che tende a trascendendersi in una forma di misantropico cinismo, punteggiata da insistiti richiami ad uno sperdimento definitivo, ad una fuga senza ritorno da un'impasse (l'impossibilità/incapacità di modificare il corso della propria vita) che logora i sentimenti e le speranze residue. Le ambientazioni che adornano i platter sono necessariamente desolate, istantanee rugginose di panorami urbani abbandonati allo sfascio, peraltro popolati da ossessioni fantasmatiche che esitano ossessivamente su traumi mai completamente suturati.
Laddove "Discouraged" rappresenta l'inesorabile caduta nel precipizio, la presa di coscienza della fine delle aspettative, il successivo "Tonight's Decision" prende le forme di un colpo di coda, un guaito impazzito che recupera la rabbia primigenia e cerca disperatamente di risolvere la situazione. I suoni si dilatano, un livore maligno trasuda dalle note di "For My Demons", con Renske cantore magnifico, forte di melodie trascendenti narrate sul filo dei nervi e le chitarre che affrescano orizzonti ariosi e tempestosi. "I Am Nothing" é l'emblema del turgore drammatico e lancinante dei 'nuovi' Katatonia, cosi' come "Black Session" sviscera una potenza devastante sulla base di un mid-tempo comunque incline ad aprirsi ad istanti di trasognato misticismo. Tenebrosa estasi emotiva che peraltro emana letteralmente dai riverberi magnetici della magnifica "This Punishment", cosi' come le stasi oniriche di "A Darkness Coming" aprono il varco a gelide rimuginazioni notturne. Trattasi, come ben si evince dal superbo artwork, di opera che trae linfa vitale dalla fioca luce bluastra delle prime ore del mattino, tale da assoggettarsi ad interminabili, glaciali silenzi, peraltro vitali per il compimento del rito, del confronto 'finale' con i propri fantasmi.Lo specchio infranto del successivo "Last Fair Deal" lascia intravedere il peggio, la fase dell'auto-aborrimento, ma, paradossalmente, il suono dei Katatonia si distende, apre il campo ad una nuova pletora di sensazioni, pur non rinnegando la tensione dinamica che da sempre vige in seno al gruppo. "Teargas" ne é un mirabile esempio, vorticosa e appassionante nelle evoluzioni chitarristiche, nonché tale da sfoggiare muscoli nuovi anche grazie alla rinnovata sezione ritmica. Ma la vertigine é sempre in agguato, al pari della sofferenza, che si trasfigura comunque in sembianze differenti, sotto forma di epicità tragica e pugnace, tale da segnare un passo nuovo rispetto al passato. "Passing Bird" e "Sweet Nurse", entrambe stupende, rappresentano peraltro la certificazione della svolta, per tramite di suoni e melodie lussureggianti che vanno a schiudere uno spiraglio di vita e speranza all'universo ontologicamente pessimista della band. "Last Fair Deal" é dunque disco capolavoro, per un nucleo di musicisti assurti al rango di assoluti protagonisti in termini di creatività ed intensità emozionale.
La dipendenza che si crea all'ascolto di queste opere é in ogni caso difficilmente spiegabile: esiste, innegabilmente, una categoria di persone che si nutre di questa percezione tragica della vita, e che si rispecchia nell'amplificazione smisurata delle sensazioni e dei sentimenti dei quali i Katatonia sono cantori. Laddove la musica sfugge al mero meccanismo di consumo, e diventa specchio di profonda umanità, di 'vibrazioni' (per oscure che siano) inevitabilmente condivise, le sonorità di questi scandinavi diventano parte integrante dell'immaginario quotidiano di coloro che hanno accettato il confronto con quel versante 'cupo' che fa (per forza di cose) da contraltare alla visione forzatamente (superficialmente? falsamente?) positiva dei fatti della vita, della Storia e del genere umano.

 

Michele Dicuonzo