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John Lee Hooker

 

John Lee Hooker è uno dei pochi Bluesman che ha anche una popolarità nel moderno, oltre che nel passato. Morto nel giugno 2002 infatti, ha passato sopratutto gli ultimi 12-13 anni (da The Healer dell'89) a pubblicare dischi affini alle regole del mercato, che lo hanno reso famoso oltre il circuito degli appassionati del genere e tra i giovani. La sua carriera è però iniziata molti anni prima, nel 1948 precisamente, quando Bernie Besman (un grande produttore di quegli anni) lo notò nei locali di Detroit dove poco tempo prima aveva iniziato ad esibirsi. Infatti John lee Hooker non nasce come musicista, ma fino ai trent'anni circa si dava da vivere lavorando in una zona di sviluppo industriale a Memphis, la musica era solo un hobby, cantando sin da giovanissimo nei cori Gospel e nei canti spirituali (Spirituals).
Trasferitosi a Detroit a lavorare in una fabbrica automobilistica, cominciò a suonare nel '47 nei club Monte Carlo Harlem Inn. Besman alla fine del '48 gli fa incidere la prima canzone: Boogie Chillen. Il brano ebbe un successo strepitoso e vendette un milione di copie. Strada aperta così ad Hooker negli anni a venire: tra il '49 e il '54 registra qualcosa come settanta singoli, con ventuno case discografiche differenti. A causa delle elggi di allora dovette celarsi dietro più pseudonimi, e se troverete brani di Texas Slim, Birmingham Sam, J.L. Booker e Johnny Lee, non stupitevi se la voce e lo stile saranno gli stessi. Il successo per Hooker si consolida tramite il contratto con la Vee Jay di Chicago, che gli mette affianco musicisti come Jimmy Reed (armonica) e Eddie Taylor (chitarra) registrando brani che sono tra i migliori del suo repertorio: Mambo Chillen, Dimples e I'm so Excited.
Gli anni sessanta sono gli anni della divulgazione del blues in Europa, e della sua consolidazione in America e tra i bianchi. John Lee Hooker ne è tra i principali fautori, parteipando a Festival di tutto il mondo, regalando concerti uno dopo l'altro e incidendo dischi di grandissima qualità. Non è un caso che è proprio in questi anni che Hooker da il meglio di sé: più maturo artisticamente legava i suoni acustici ed elettrici del blues, portandoci dentro quelle radici dell'America nera che erano dentro di sé. Nel '66 passa alla ABC e "Urban Blues" è votato come migliore album blues e dell'anno. Naturali vennero quindi le collaborazioni con gli artisti bianchi di Blues che si diffondevano in quegli anni, e in particolare con i Canned Heat, a ridosso del 1970, registrò molti pezzi di successo (da avere "Hooker'N'Heat").
Gli anni a seguire li passò da vero divo, conteso per la composizione di diverse colonne sonore e per qualsiasi tipo di collaborazione e concerto: nel 1989 viene "coronato" con un Grammy per il colossale album "The Healer", del 1989, dove aveva ospiti con sé assieme Bonnie Raitt e Carlos Santana. Tre anni dopo in "Mr. Lucky" ribadisce la collaborazione artistica con Santana, e ospita Keith Richards e Van Morrison. "Chill Out" del '95 è un disco che anche i giovani ricordano, dove oltre a comparire nuovamente santana nonché Van Morrison, troviamo Booker T. e il chitarrista slide Roy Rogers.
Muore nel giugno 2002, due mesi dopo l'ultima session studio (pubblicata poi nel settembre successivo) in "I Lay Down" con il musicista Rock/Blues italiano Zucchero "Sugar" Fornaciari.
John lee Hooker è stato il secondo Bluesman (dietro a B.B.King) che più di tutti è riuscito ad identificare più generazioni, non solo per la sua lunga vita, ma anche per la capacità di adattarsi, di mostrarsi interessato ad ogni tipo di collaborazione: Hooker era un uomo curioso, e gli piaceva provare, sperimentare, divertirsi, nella musica come in vita. Tecnicamente con la chitarra non era particolarmente eccelso, ma nel genre del Blues (ancora di più nel jazz) la vera bravura è quella di sapersi identificare tra tutti gli altri, e lui c'è riuscito perfettamente: per chi lo ha ascoltato, saprebbe riconoscere che un brano è suo al suono di tre e quattro note di seguito. Poi il "Boogie Man" del Mississippi è riuscito a combinare questa sua dote, alla capacità di scrivere dei testi meno grezzi dei normali Blues, più pieni di sentimenti, e ricorrendo spesso e volentieri al Doppio senso e al gioco della sensualità. Quanto alla voce, pare che avesse un difetto di nascita alle corde vocali, difetto che sarebbe stata un'altra delle sue fortune, vista la tenebrosità e la profondità che riesce a dare in ogni sua interpretazione.