Jean-Philippe Rameau
Teorico della musica e compositore francese, nacque a Digione nel 1683.
Settimo di undici figli, nonostante già all'età di sette anni manifestasse forti inclinazioni per il clavicembalo, fu avviato agli studi classici presso i gesuiti. Solo nel 1701 si dedicò completamente alla musica abbandonando il precedente corso di studi.
Non si hanno altre notizie certe intorno alla sua formazione, ma di sicuro intorno ai 18 anni doveva avare una buona preparazione poiché fu inviato dal padre, organista, a perfezionarsi in Italia.
Purtroppo il soggiorno non diede i frutti sperati perchè la musica italiana non interessava il giovane compositore, essendo assai lontana dal suo gusto e dalla sua educazione. Ritornato in Francia ottenne l'incarico di organista presso numerose cattedrali, quali Avignone, Clermont-Eerrand, Digione e Parigi.
Nel 1706, pubblicò le prime composizioni; poi, stabilitosi a Lione nel 1715, si dedicò particolarmente a studi teorici. I risultati di tali ricerche si concretizzarono nel Traité de l'harmonie réduite à ses principes naturels (1722; Trattato dell'armonia ridotta ai suoi principi naturali). Nonostante questo lavoro fosse ancora basato su fondamenti pitagorici, giunse a grandi risultati quali ad esempio, il ribaltamento del rapporto tradizionale tra melodia ed armonia: non è più l'armonia ad essere generata dal moto melodico delle parti, ma è la melodia ad essere generata nella varie parti dal moto armonico degli accordi. Questo capovolgimento di principi teorici gli procurò a Parigi, dove intanto si era trasferito, polemiche e rinomanza.
Nel 1733 fu presentato a Voltaire, che scrisse per lui il libretto del "Samson"; l'opera vietata dalla censura non vide mai le scene, e la sua musica fu perduta. Due anni dopo riuscì a far rappresentare la sua "Hippolyte et Aricie", a cui fece seguito un'intensa produzione operistica. Il suo genio di compositore si affermò con il Castor et Pollux (1737; Castore e Polluce), considerata poi il suo capolavoro.
Gratificato di alti riconoscimenti economici (una pensione del re) e culturali (la stima anche degli scienziati), Rameau fu ancora al centro di polemiche quando la sua musica venne contrapposta a quella dei buffons (attori girovaghi italiani, interpreti dell'opera buffa napoletana) e osteggiata dagli enciclopedisti, fra i quali Rousseau. Rispose a questi con un pamphlet dal titolo "Errori sulla musica nell'Encyelopédie", continuando con inesausta alacrità gli studi e la composizione. La penultima delle sue numerosissime opere e l'ultima rappresentata fu Les Paladins (1760; I paladini), una opera-ballo.
Rameau approfondì le soluzioni adottate da Lully nell'esigenza di un rapporto unitario fra l'azione drammatica, la scena e la musica, ridusse il distacco fra il recitativo e l'aria, rinnovò il tessuto armonico, vivificando con genialità inventiva i risultati delle sue riflessioni teoriche, intese anche a ritrovare nella varietà degli accordi un suono ad essi comune e fondamentale. Partendo da queste basi e rifacendosi agli studi sui suoni armonici, condotti da Sauveur nel 1701, scrisse nel 1737 un nuovo trattato teorico, il "Génération Harmonique", in cui si sintetizza il fondamento naturale di un accordo maggiore non più nella suddivisione di una corda secondo parti proporzionali, ma sulla successione dei primi sei armonici della nota fondamentale.
Oltre alla produzione melodrammatica lasciò numerosa musica strumentale e vocale, fra cui primeggiano i libri di composizioni per clavicembalo.
Curata da Camille Saint-Saëns, fu avviata nel 1895 la pubblicazione delle opere complete, in diciassette volumi.
Morì a Parigi nel 1764.