Il lago dei cigni: l’amor sacro e l’amor profano
«Mia madre era una buona fata; contro la volontà di suo padre, si innamorò follemente di un nobile cavaliere e divenne sua sposa, ma lui la portò alla perdizione, e lei scomparve. Mio padre si risposò e si dimenticò di me; la malvagia matrigna, che era una strega, mi odiava e mancò poco che mi uccidesse. Il nonno però mi prese con sé. Amava moltissimo mia madre, e pianse così tanto per lei che dalle sue lacrime si formò questo lago: ci nascondemmo laggiù, nelle sue profondità».
È difficile riconoscere in questo monologo (e poi, fra l'altro, come tradurlo in danza?) la confessione di Odette al principe Siegfried nell'incontro fra due anime inquiete e dolenti in riva al lago. Sembra piuttosto un groviglio di parentele, una stepfamily dai contorni Addams. Eppure questo dice il libretto originario del balletto, quello messo in scena al Teatro Bols'hoj di Mosca nel 1877, dal coreografo Julius Rejzinger, peraltro con scarso successo. L'idea del "lago di lacrime" però è geniale, come sottolinea il critico russo Vadim Gaevskij nel suo volume Dom Petipa di cui il programma di sala del Teatro Regio riporta appunto le pagine dedicate al Lago.
Avrebbero dovuto passare molti anni, quasi venti, prima che due grandi coreografi, Lev Ivanov e Marius Petipa, vi ponessero nuovamente mano partendo da quel lago di lacrime per farne un capolavoro. Venti anni. Ma sono ancora di più in termini culturali. Perché Il lago allunga la sua ombra verso gli anni cruciali a cavallo fra Ottocento e Novecento, è imbevuto di Decadentismo. È un balletto sul turbamento della coscienza, sull'ansia che pervade la vita.
Il tema del cigno parte da un'ispirazione wagneriana (C?ajkovskij era affascinato dal Lohengrin: il tema musicale del cigno ricalca fedelmente il tema di Lohengrin «Mai devi domandarmi») per approdare al ritratto della principessa cigno di Vrubel, per addensarsi, concentrato in pochi minuti, nella danza del cigno morente di Anna Pavlova su istigazione coreografica di Mikhail Fokine.
Al centro del balletto c'è il tema dello sdoppiamento. Il cigno bianco e il cigno nero, due volti a specchio della stessa donna: Odette amore sacro e Odile amor profano. Nascono dall'elaborazione faticosa dei due coreografi. Perché il cigno bianco prende vita dalla sensibilità cechoviana di Lev Ivanov. È lui infatti nel 1894 a mettere in scena il secondo atto, quello in riva al lago, nel corso di una serata in omaggio a C?ajkovskij scomparso da poco. È lui a disegnare le teorie di cigni dolenti.
La "prima" pietroburghese del Lago dei cigni ebbe luogo però un anno dopo, il 15 gennaio 1895. Con la complicità del direttore d'orchestra Drigo ci furono tagli, spostamenti di brani musicali, in particolare il passo a due del cigno nero la cui musica era in un primo tempo collocata con altri scopi nel primo atto. Se il quadro in riva al lago è una geniale intuizione di fragilità tardoromantica con pose e movimenti che trasudano spiritualità, la danza di Odile è un concentrato di tutta la stupefacente tecnica ballettistica degli anni Ottanta e Novanta. Qui, nel carattere opposto del cigno nero, nella scelta stessa del costume cromaticamente contrario a quello di Odette, risiede la genialità di Marius Petipa.
E la danza di Odile culmina in un exploit da capogiro, i vorticosi 32 fouetté della coda: effetto allucinante, sortilegio demoniaco, immagine di una donna che precorre la dominatrice, la Venere in pelliccia di von Sacher-Masoch.
Pierina Legnani, l'italiana, interprete del debutto pietroburghese, per prima diede vita a questo doppio ritratto femminile divenuto poi massima prova per una ballerina, ruolo fra i più ardui proprio perché occorre dispiegare una doppia personalità e due tecniche completamente diverse.
La lunga avventura del Lago sulle scene di Leningrado-Pietroburgo termina, per ora, nel 1950 con l'allestimento di Konstantin Sergeyev ancora in vita e che vedremo qui al Regio.
Una versione che viene considerata fra quelle più fedeli all'originale di Petipa e Ivanov. E certamente fedele ai dettami del 1895 è la scena del quarto atto in cui il balletto bianco di Ivanov e il balletto nero di Petipa si fondono nel corpo di ballo. Qui troviamo sedici elementi bianchi e otto neri. Tutto ormai si è compiuto. Il tradimento è avvenuto, Siegfried ha conosciuto il male. Un'ombra nera sovrasta il balletto bianco: l'anima collettiva del lago, cioè il corpo di ballo in bianco, scopre un'attrazione segreta verso la morte.
Da www.sistemamusica.it