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Carcass

 

Disturbanti e cinici, i Carcass hanno saputo evolversi dalle loro tipiche radici grindcore al death metal più strutturato e maideniano.
Partiti nel 1988 con la pubblicazione di "Reek Of Putrefaction", uno dei piu' lerci e rappresentativi dischi grind di sempre, i nostri sono approdati cinque anni più tardi ad un death tecnico e patinato, che li ha purtroppo snaturati, portandoli alle soglie della crisi compositiva. E' pertanto tra i solchi dell'ipercinetico esordio, composto da 22 schizofreniche song, che va ricercata l'anima piu' avanguardista dell'ensemble, intento a raggiungere un parossismo compositivo che rimanda al free jazz piu' sconvolto (é ben nota, del resto, l'ammirazione di stumentisti del calibro di John Zorn per i nostri).
Eppure, a creare il famigerato 'caso' sono stati senza dubbio l'artwork complessivo ed i deliranti testi della band.
Copertine a parte, sanguinolenti collage di organi umani, le lyric dei Carcass sono costantemente caratterizzate da sconcertanti descrizioni di purulenze, secrezioni, autopsie, infezioni e succhi gastrici assortiti. Alle radici di tanto estremismo visuale va collegata la dichiarata passione del gruppo per certi tipici film 'gore' di serie B, nonchè una buona dose di subdolo humor nero tipicamente britannico: l'autore dei testi, il batterista Ken Owen, è un laureato in medicina, evidentemente un pò alienato all'epoca dalle 'efficaci' disamine presenti nei suoi manuali di anatomia.
Humor e voglia di 'shockare' a parte, i Carcass si sono peraltro pubblicamente dichiarati vegetariani e pacifisti.
Il secondo lavoro degli albionici, "Symphonies Of Sickness", pubblicato giusto un anno dopo, va a stemperare lievemente la loro voglia di osare sino all'eccesso, ed il sound della band si assesta sui binari di un brutale grind/death già 'classico'.
Ma è col terzo disco, "Necroticism: Descanting The Insalubrious", che i Carcass danno vita al loro capolavoro: qui i brani sono decisamente più complessi e tendono quasi all'improvvisazione, tanto elevato è il livello del songwriting. Basti citare l'iniziale "Impropagation", con uno stupendo basso memore della lezione dei canadesi Voivod, oppure la complessa "Forensic Clinicism", per aver prova dell'ottimo lavoro strumentale presente in tutte le composizioni, ma anche della buona ricerca melodica.
A fare da contrappeso all'affilato chitarrismo slayeriano del burbero Bill Steer, c'è lungo i solchi di questo platter l'altro axeman Mike Amott, fresco transfuga dai Carnage: sono suoi i solos  tipicamente morbosi e lussureggianti che trapuntano tutto il disco, al pari delle rade, ma azzeccate, tessiture acustiche. "Necroticism.." gode peraltro di un'ottima produzione, che va ad esaltare la rilucente scrittura dei Carcass, probabilmente qui colti allo zenith della loro carriera artistica.
Riportati alla ribalta delle cronache musicali dalla pubblicazione di alcune raccolte di materiale inedito, 'Peel Sessions' e B-side assortite, oggi i Carcass godono nuovamente di una buona notorietà e l'intera discografia del gruppo è stata ristampata dalla lungimirante Earache.
Se amate il metal più creativo ed avete uno 'stomaco forte', questa band merita senz'altro di essere riscoperta.

 

Michele Dicuonzo