Berg, Bach, Beethoven: una lotta contro l'ingiustizia
Il Wozzeck del compositore austriaco Alban Berg è il capolavoro riconosciuto dell'opera del Novecento. È uno dei rari esempi di opera in cui la radicale ricerca linguistica non è stata d'ostacolo a una reale diffusione. Fin dalla prima esecuzione, nel 1924 a Berlino, diretta da Erich Kleiber, il Wozzeck ha impressionato per la sua forza drammatica, espressa con una musica moderna, atonale ma non totalmente sradicata dalla tradizione. E, malgrado la censura in Germania durante gli anni del Nazismo, è entrata in repertorio nei paesi musicalmente evoluti, tra cui l'Italia, ove alla Scala è stata portata da Claudio Abbado a un autentico trionfo popolare a partire dagli anni Settanta.
La straordinaria complessità musicale dell'opera, la sua "natura sinfonica", gli effetti strumentali sinistri e abbaglianti che accompagnano l'accensione espressionistica del canto, fanno del Wozzeck un'opera "da direttori". Fra le lame di luce e i meccanismi implacabili della musica viene tratteggiata l'imperitura storia di gelosia e delitto passionale nata nel degrado ambientale. Ma questa volta la colpa è inequivocabilmente della sola società, o meglio di un paio d'irresponsabili esponenti dell'ambiente militare. Il povero soldato polacco Wozzeck, vittima della stupidità del suo capitano, per poter mantenere la compagna e il loro bambino, si sottopone agli irresponsabili esperimenti di un dottore militare in cambio di qualche soldo. La donna non regge i conseguenti disturbi psichici del suo uomo e lo tradisce. Wozzeck, deriso in caserma, si vendica uccidendola, e muore lui stesso mentre nel suo delirio cerca di far sprofondare l'arma del delitto in un lago. L'opera, nell'ultima scena, proietta la nostra pietà sul piccolo orfano, e sul suo possibile destino di diseredato sociale.
Anche la Passione secondo Matteo di Johann Sebastian Bach (1685-1750) è una spettacolare macchina musicale di concezione germanica messa al servizio di un'ingiustizia. Dalle venature socialiste e antimilitariste del Wozzeck si passa all'ortodossia luterana della Matthäus-Passion; ma sempre nel segno di un monumento musicale edificato alla compassione. Il mitico oratorio di Bach, considerato dallo stesso autore la sua pagina più significativa, risale al 1729, quando Johann Sebastian la diresse a Lipsia il Venerdì Santo. Bach ne perfezionò la stesura a tre riprese fino al 1745. Al di là dell'imponenza formale e della durata (220 minuti) Bach compose una pagina che andò dritta al cuore degli ascoltatori per la sua accorata semplicità. L'equilibrio poetico della Matthäus-Passion, la sua capacità di commuovere e indignare a ogni coro, a ogni aria, a ogni recitativo, coniuga evidentemente grande arte e grande superiorità morale, unite in una fede senza esitazioni.
Ludwig van Beethoven, il sinfonista per definizione, completa la trilogia di artisti germanofoni che innalzarono la propria musica verso le sfere dell'etica. Quello della Quarta e della Settima sinfonia è però il Beethoven più estroverso, esultante e vitale. E, del resto, la morale è bene che ribadisca il diritto universale alla felicità, attraverso l'energia fisica e la scherzosa allegria che il musicista di Bonn ci regala in questi suoi ottimistici capolavori.
Franco Pulcini (da www.sistemamusica.it)