Ben Harper
Ben Harper, californiano, è cresciuto ascoltando giorno e notte Marvin Gaye, Bob Marley e Jimi Hendrix, ed è su questa base che ha elaborato il proprio stile, derivato da influenze anche molto distanti, ma comunque accomunate dalla volontà di riscatto e valorizzazione della cultura nera.
Nelle sue canzoni riversa una fortissima carica spirituale ed emozionale, assommando nello stile di compositore e di interprete i diversi elementi della cultura che un tempo fu di Marley & Co.
"Welcome To The Cruel World" (1994 - Virgin): è l'esordio fulminante di una stella che nel blues e nel soul trova il suo massimo splendore comunicativo: evoca ritmi d'area caraibica e compone ballate di commovente bellezza e profondità spirituale, come "Waiting On An Angel", "Mama's Got A Girlfriend Now", "Forever" e "Like A King". Si passa da ritmi ed atmosfere seriose e riflessive a temi gioiosi e spensierati.Gli arrangiamenti sono ridotti all'osso, ma la slide-guitar di Ben è come la coperta di Linus: c'è sempre, è presente in ogni pezzo, tanto nell'impeto militante quanto nella disillusione. Imprescindibile questo "Welcome To The Cruel World", disco semplicissimo che avrà nel suo stile semi-acustico tanti emuli, uno su tutti l'astro nascente Jack Johnson. Ma questa è un altra storia.
"Fight For Your Mind" (1995 - Virgin): a detta dei molti cultori di Harper, "Welcome To The Cruel World" e "Fight For Your Mind" sono i suoi dischi migliori in assoluto ma, a dirla tutta, se il primo rappresenta un ottimo esordio, il secondo è una vera esplosione di talento e carisma, tali da diventare nitidi e inscindibili marchi di fabbrica. Trattasi dopotutto di una conferma ad altissimi livelli ed immediatamente ci si accorge di una piccola rivoluzione: in "Fight For Your Mind" è presente una maggiore elettricità dei pezzi, mentre il precedente "WTTCW" era pervaso da un anima semi-acustica. Sullo sfondo, si staglia sempre l'impegno sociale di cui "Oppression" e la maestosa "Excuse Me Mr." sono splendide testimonianze. Pezzi rilassati, come l'inno "Burn One Down", si alternano ad altri di stampo intimista, con lunghe ballate di chiara matrice soul: fantastiche in tal senso "Power of The Gospel" e "God Fearing Man". "One Road to Freedom" è il gran finale di un disco che canta la libertà, la forza delle parole e dei sentimenti più intimi e sinceri, definizione operativa di Ben Harper.
"The Will To Live" (1997 - Virgin): è il disco di studio 'made in Ben Harper' forse più immediato, quello che più facilmente potrebbe piacere ad un novello fruitore delle doti di 'zio Ben'. La partenza elettrica di "Faded" è una novità per quanto riguarda l'incipit del lavoro, giacché negli album precedenti Harper si era affidato alla componente acustica per dare inizio alle danze. Lo stile è sofferto, in bilico tra confessioni personali e messaggi di fede: "The Will To Live" ha un'anima fortemente R&B e funky, denuncia sociale e sfogo personale che in "Homeless Child" e "Mama's Trippin'" si fondono con testimonianze d'amore per le proprie radici e di attenzione per il presente. "Rose From My Friends" è strappalacrime e nella versione live è immensa. Altri gioielli emotivamente maestosi sono "I Shall Not Walk Alone" e "I Want To Be Ready". Un album da vivere, prima ancora che da ascoltare.
"Burn To Shine" (1999 - Virgin): la cosa migliore da fare è ascoltare "Burn To Shine" la mattina presto, oppure sul far della notte, comunque quando è la quiete a farla da padrona. Conciliatore del risveglio mattutino e perfetto congedo notturno, il platter viene eccessivamente sottovalutato da chi lo considera poco ispirato, per la presenza di canzoni troppo 'tirate e sfrenate'. Zio Ben ci ha abituati troppo bene, è questa la verità. Se, per certi aspetti, le critiche possono essere condivisibili, non si puo' assolutamente pensare ad un album poco ispirato. L'eccessiva foga dell'iniziale "Less" è l'unica pecca che può dar credito alle critiche sopracitate: effettivamente trattasi di una stonatura all'interno dell'opera, ma le qualità compositive di Harper, per il resto, non deludono. "Two Hands Of A Living Prayer", "Suzie Blue" e "Steel My Kisses" sono ballate nelle quali si incontrano ed interagiscono blues e psichedelia, soul e funky, mentre "Please Bleed" è intensa ed incazzata al punto giusto ed apre la strada a un quadrilatero dove il tasso di spiritualità si eleva vertiginosamente. Si ascoltino al proposito "Alone", "Two Hands Of A Living Prayer" (ancora lei), "Forgiven" e "In The Lord's Arm": una botta nella parte sinistra del petto. Ennesimo disco di Ben Harper, ed ennesima conferma su altissimi livelli compositivi e qualitativi: impressionante.
Marco Pezzotti