Andrés Segovia
Andrés Segovia è stato una delle personalità di maggior rilievo non solo in campo chitarristico, ma nell'intero mondo concertistico del Novecento. Il suo contributo di sensibilità e di esperienza tecnica ha risvegliato l'interesse dei musicisti per la chitarra, aprendo una nuova era nella storia plurisecolare di questo strumento. Il successo riscosso dalle sue interpretazioni dal 1925 in poi, furono inoltre determinanti per la rinascita della chitarra classica come strumento solista da concerto.
Nella storia della chitarra il fenomeno di Segovia è paragonabile a quello che Paganini ha rappresentato per violino. Suo grande merito, fra gli altri, è quello di avere riesumato una vastissima letteratura antica fra cui, tanto per dirne una, la celebre la trascrizione della "Ciaccona" per violino solo di Bach, compiuta in modo veramente superbo e che venne salutata in modo entusiastico dalla critica dopo la prima esecuzione pubblica, avvenuta a Parigi nel 1935, senza dimenticare l'adattamento di musiche dei liutisti rinascimentali o le commissioni di musiche del tutto nuove.
Spagnolo di Linares (paese della regione Andalusa), Segovia nacque nel 1893 e fu dapprima violoncellista, rivolgendosi in seguito allo studio privato della chitarra presso vari maestri; ma l'originalità del suo insegnamento, e le decisive conseguenze che esso ha avuto sulla tecnica chitarristica moderna, si può dire non derivino da alcuna scuola. Segovia stesso ha sostenuto più volte, infatti, e con legittimo orgoglio, di essersi "fatto da sé", di esser stato ad un tempo il maestro e l'allievo di se stesso. E solo un genio avrebbe potuto conseguire i risultati che Segovia ottenne da autodidatta.
La grande avventura del chitarrista andaluso comincia a Granada nel 1909, e dall'antica città spagnola è poi proseguito in tutti i continenti, soprattutto grazie all'esordio parigino del 1924, che lo consacrò nel Gotha degli interpreti di fama internazionale. Segovia compì insomma il passo definitivo verso una serie di trionfi mai tributati ad alcun chitarrista.
Così descrive la gigantesca personalità di Segovia il compianto didatta Ruggero Chiesa (a cui si deve, sul piano culturale e dell'insegnamento, un contributo fondamentale): "L'autorità di Segovia fu addirittura schiacciante fra gli esecutori di quello strumento, poiché, almeno fino al termine degli anni Cinquanta, egli non conobbe rivali in condizioni di competere con la bravura e la consistenza del suo repertorio. Inoltre, nessuno prima di lui era riuscito ad affermare la completa credibilità della chitarra, uno strumento conosciuto per il suo uso in prevalenza popolare, ma considerato senza storia nell'ambito della musica colta, i cui ultimi fasti risalivano addirittura ai primi decenni dell'Ottocento. In quel periodo di tempo gli esecutori valentissimi erano molto frequenti, e per merito di ottimi compositori si era formata una letteratura originale particolarmente ricca. Poi, nell' epoca immediatamente successiva, la chitarra aveva abbandonato quasi del tutto le velleità solistiche, accontentandosi di far da sostegno alla voce, anche se i motivi di tale ridimensionamento non erano certo da ricercarsi nella sua inattitudine a sostenere compiti di grande complessità. [...] Per riuscire in questo scopo non bastava però possedere la natura dell'interprete di rango, ma occorreva la dimostrazione che la chitarra poteva sostenere il peso di un repertorio al di sopra di ogni sospetto in termini di qualità".
Oltre a donare nuova luce e a rivalutare, anche se parzialmente, gli autori classici della chitarra, come Giuliani e Sor (per non parlare di Bach, il quale ha comunque lasciato ben quattro suite per liuto, lo strumento antesignano della chitarra, più alcune trascrizioni), Segovia pensò dunque di rivolgersi ad alcuni dei più rappresentativi musicisti del suo tempo, invitandoli a creare per lui opere totalmente nuove. E' così che nascono alcune delle pagine più belle del repertorio chitarristico di ogni tempo.
Tenendosi lontano dalle esperienze dell'avanguardia, come ben noto invisa al grande pubblico, Segovia cominciò così a presentarsi al pubblico con opere di grandi e più "facili" autori (legati cioè in qualche modo alla tradizione ottocentesca o impressionista), come Roussel, Moreno- Torroba, Turina, Ponce, Tansman, Castelnuovo-Tedesco, Villa-Lobos facendo comunque convergere su di sé l'attenzione dell' elite musicale, incuriosita per la novità di quell'esperimento.
Qualcuno sostiene tutt'ora essere questo un limite della portata culturale dell'operato di Segovia, altri invece ritengono che egli sia stato un uomo (fortunatamente) capace di tenersi lontano dalle mode intellettuali che in qualche misura hanno sempre avvantaggiato le cosiddette avanguardie. Infine, non bisogna dimenticare le sublimi, indimenticabili e del tutto idiomatiche trascrizioni che il grande chitarrista fece di brani pianistici dei suoi conterranei Albeniz e Granados, tanto che a prima vista sembrerebbero musiche scritte appositamente per l'esile strumento a sei corde (e molti a tutt'oggi ancora lo pensano).
Piaccia o non piaccia, tuttavia, è innegabile che, almeno agli occhi della cultura ufficiale, oggi alla chitarra mancano pagine significative di Berg, Schoenberg, Shostakovich, Stravinskij, Hindemith, Ravel e così via, una lacuna che getta un grande vuoto nel novero degli autori "catturati" da Segovia e che rende amaro il pensarci.
Nel periodo della piena maturità artistica, Segovia ha anche insegnato ai corsi estivi dell'Accademia Chigiana di Siena, (celebre ritrovo dei più grandi didatti-strumentisti in circolazione), trasmettendo così la sua lezione alle giovani generazioni. Un patrimonio di conoscenze e di sensibilità con cui molti fecero i conti e con cui molti di loro, per la verità, faticarono ad elaborare in modo originale, rimanendo schiacchiati da un modello certo aureo ma per molti versi decisamente irripetibile.
E' difficile dimenticare le geniali soluzioni che riguardano le articolazioni e i timbri impiegati in tante pagine di Turina, Ponce, Castelnuovo-Tedesco, oggi di uso comune, ma create per la prima volta dalla sua fervida fantasia. Il 2 giugno 1987, all'età di 94 anni, si spense insomma un'artista tale che, senza tema di smentita, si può con tutta serenità definire uno dei più grandi strumentisti di tutto il Novecento.